Il 50% della popolazione si nutre con il cibo di strada. Ed Expo 2015 non poteva non dedicare spazio allo streetfood che caratterizza l’alimentazione di intere popolazioni dell’Asia, dell’Africa e del Centro e Sud America. Un tipo di alimentazione che è stata riscoperta anche in Italia dove i panini con lampredotto, il cartoccio di pesce fritto o gli arrosticini piuttosto che la pizza o il pane e panelle sono tornati a essere momento di convivialità e riscoperta della tradizione.
In occasione dell’esposizione mondiale, il cibo di strada avrà la propria vetrina in sei «chioschi gourmet» , uno spazio di medie dimensioni chiamato US6 (400 mq su due piani, dedicati al food&beverage e all’intrattenimento), e diverse aree sparse in grado di accogliere circa 40 postazioni come apecar, food truck o container.
Ogni chiosco è una struttura di legno a un piano, di 56 mq di superficie coperta e 30 interna per la preparazione. È prevista anche un’area esterna di pertinenza di ciascun chiosco di dimensioni variabili a seconda della struttura. Per l’assegnazione di chioschi e spazio US6 è stato indetto da Expo spa un bando: l’obiettivo è di offrire una ristorazione veloce, informale, pratica, conviviale ed economica, vero punto di forza del cibo di strada.
Tutto questo senza prescindere dall’elevata qualità, da prodotti territoriali e da menu innovativi; anche grazie al coinvolgimento di chef e visitatori in showcooking. Nei giorni dell’evento, l’organizzazione stima 24 min di visitatori e la somministrazione di 26 min di pasti, il 10% dei quali somministrato a colazione, il 69% nella fascia pranzo, il 17% per lo spuntino pomeridiano e il 34% a cena.
«In Italia il cibo di strada è stato una riscoperta dei giovani che hanno rilanciato una moda dei loro nonni. Una riscoperta che ha messo in moto un’imprenditorialità legata ai prodotti del territorio ed è passato da settore di nicchia, quasi scomparso, a espressione di un’Italia positiva che mette in campo idee e innovazione».
Mauro Rosati, direttore generale della Fondazione Qualivita, ha dato spazio a questa nuova tendenza attraverso il sito internet www.cibodistrada.it, che si appoggia alle piattaforme Libero e Virgilio, dove oltre a presentare cibi e ricette, racconta anche storie legate a chi il cibo lo produce. «E la riscoperta del valore del cibo, del suo legame con l’agricoltura e anche della socialità che c’è a mangiare un trancio di pizza o un panino mentre parli con chi lo prepara o con chi ti sta accanto. Senza gli schemi rigidi di un ristorante».