Crescono gli allarmi alimentari. Servono più controlli e più educazione dei consumatori

Solo nella sesta settimana del 2013 il Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangi

mi, ha diffuso 91 allarmi alimentari, di cui 15 inoltrati al ministero della Salute italiano. In questi giorni in cui tutti parlano dello scandalo della carne di cavallo in prodotti confezionati o surgelati per uso alimentare – destinati anche a scuole e mense – distribuiti in molti Paesi europei, da note multinazionali, l’allarme e il senso di insicurezza crescono.

Secondo l’avvocato Dario Dongo, esperto di diritto alimentare in Italia, lo scandalo della carne di cavallo di questi giorni non è un caso isolato; nei mesi scorsi era stata rilevata la presenza di carne di suino in prodotti certificati halal , destinati al consumo alimentare per gli osservanti dei divieti alimentari imposti dall’Islam. Ma allora perché succede tutto questo proprio in Europa dove pensavamo di avere una legislazione avanzata? Sono sicuro che sul fronte legislativo l’Europa abbia strumenti adeguati relativamente alla sicurezza degli alimenti; il problema sta tutto sui controlli, che spesso sono inefficienti e lasciati alla decisione di ogni singolo Paese. E successo anche in Germania, presa a modello per tanti altri aspetti, riguardo alla sicurezza alimentare. Se in Europa la legislazione è così evoluta e in Italia abbiamo standard altissimi di certificazione allora cosa sta succedendo? Nell’attuazione dei controlli il livello pubblico non è adeguato e le multinazionali si sono portate avanti nel definire procedure oltre la legislazione. Lo scandalo carne di cavallo ha coinvolto gruppi alimentari molto noti, di rilievo internazionale. Qui credo che si siano combinati l’errore uma

no, per carenza di attenzione, e la spasmodica ricerca delle forniture più convenienti. Nello specifico si tratta di frode in commercio, perché la carne di cavallo non era indicata in etichetta. In sostanza anche se le procedure legislative europee sono ben definite, la debolezza è nella rete dei controlli. Comunque in Europa, quando si verifica una situazione critica- conclude Dongo – scatta immediata la collaborazione fra i vari Stati membri.

Di fronte a questa nuova emergenza è necessario aprire un confronto approfondito sulla produzione del cibo. Occorre guardare oltre al solito romanticismo agricolo, dove la dimensione dell’orto di casa sembra la panacea di tutti i mali. In questi anni non c’è dubbio che ci sia stato un certo impegno da parte delle Big food sulla sicurezza alimentare, con nuovi standard di certificazione, ispettori e controlli. Il problema della sicurezza e della qualità si scontrano inevitabilmente sul concetto a basso costo. Quando l’unica bussola della produzione alimentare è il profitto, allora non si è più certi di niente. La spirale vertiginosa del low cost sui prodotti alimentari, più che una via di uscita per le multinazionali, sembra oggi un pozzo senza fondo. Ormai appare evidente quanto sia sbagliato l’atteggiamento che le industrie hanno adottato per garantire una produzione alimentare a costi contenuti, cercando il risparmio proprio sulla parte più debole della filiera alimentare: i produttori delle materie prime. Questa pressione costringe gli agricoltori, i piccoli artigiani, per poter lavorare e sopravvivere ai prezzi imposti della Big food, a cercare delle vie di uscita che si sono dimostrate sempre più pericolose.

E allora, invece di scegliere la strada del 3 per 2, delle offerte con il prezzo più basso del giorno o proporre affari irrinunciabili, le imprese e la Gdo dovrebbero proprio cambiare rotta: cominciare a educare il consumatore verso la scelta della qualità e del giusto prezzo invece di continuare a puntare tutto sul consumo,

che porta come conseguenza anche sprechi alimentari, inquinamento e insicurezza. Sarebbe bello pensare che una parte dei soldi investiti nel marketing e sono tantissimi cominciassero finalmente ad essere destinati a fare informazione sulla corretta alimentazione e magari anche sulla qualità del prodotto stesso. Se volessimo quantificare davvero quanto il costo della materia prima incide sul prezzo finale della famosa lasagna surgelata, ci accorgeremmo che la cifre è molto inferiore di quella destinata al marketing o al packaging; come se noi mangiassimo pubblicità o carta.

Per uscire da questa situazione di stallo che coinvolge produzione e consumatori occorre mettere in campo la politica; serve trovare soluzioni pragmatiche al fine di evitare una guerra di trincea. Il profitto non può essere la sola componente da perseguire. Occorrono qualità, sicurezza, tradizione e sostenibilità. E nell’interesse di tutti. Nessuno escluso.