Le bonifiche truccate, la pioggia di fibre di amianto, il disastro della Valle del Sacco, gli inceneritori che seminano malattie, i disastri ambientali pianificati dalla camorra. C’è tutto questo nelle 272 pagine di Così ci uccidono, il libro inchiesta di Emiliano Pittipaldi, giornalista dell’Espresso, pubblicato da Rizzoli. Ma soprattutto c’è una denuncia allarmata del pericolo derivante delle frodi alimentari che sommandosi, scrive l’autore, arrivano a prefigurare «un self service degli orrori, un pranzo che prevede insaccati preparati con carne di animali malati epane tossico come antipasto, seguiti da pasta alla salmonella e maiale o pollo toscano alla diossina. E perfinire, dolce al miele carico di cloramfenicolo e frutta secca alle anatossine».

Un quadro a tinte molto fosche, costruito pennellata su pennellata elencando problemi: dal sistema di connivenze con i veterinari pubblici all’olio di semi tinto conia clorofilla, dall’acqua all’arsenico alle partite di carne infetta. II tutto con una salda cabina di regia in Campania dove la camorra è riuscita anche a speculare sulle misure antidiossina importando clandestinamente bufale di basso costo dalla Romania e sostituendole ai capi infetti da eliminare: così intascavano i rimborsi pubblici per gli abbattimenti continuando aprodurre mozzarelle con laminate. Tra gli affari della cupola del bestiame figurano anche i traffici di carni di cavalli dopati con dosi massicce di viagra e trasformati, dopo l’ultima corsa, in bistecche al veleno.

L’atto di accusa di Così ci uccidono si estende ai prodotti a marchio controllato: «L’autentica bontà dei tesori dell’alimentare made in Italy fa acqua da tutte le parti non solo perché le ispezioni sul rispetto delle regole di produzione e sui pericoli per la salute sono poche, ma anche a causa della mancanza di organismi che assegnano gli agognati bollini di qualità». Dunque doc, dop e Igp sono marchi inutili e la riscossa del made in Italy alimentare poggia su una faglia sismica? «Non direi proprio», risponde Mauro Rosati, segretario della fondazione Qualivita che edita l’Atlante dei prodotti europei a marchio territoriale. «Il fatto che gli episodi di frode vengano denunciati è positivo perché dimostra che il sistema dei controlli funziona e sa reagire anche alle pressioni potenti della criminalità organizzata. In Italia ci sono singoli casi di truffa, ma quando l’Europa è stata scossa da ondate di problemi sanitari che hanno spesso in ginocchio il settore food l’epicentro era in altri paesi, di solito a Nord. Noi abbiano oltre 106 mila aziende attive in campo agroalimentare: che qualcuna non righi dritto è inevitabile. Ma allora cosa dovremmo dire dei controlli nel mondo della finanza, con tante aziende marce che hanno ottenuto un rating altissimo il giorno prima di crollare?».