A oltre un anno di distanza dall’Esposizione di Milano, il tentativo di valutare il suo impatto rimane un’operazione importante soprattutto per capire se e come abbia innescato un meccanismo virtuoso utile al nuovo corso del comparto agricolo e dell’intero sistema Paese. Dalle ricerche e dalle analisi uscite nel post-evento emergono tre filoni sostanziali in cui Expo ha inciso modificando lo sviluppo dell’Italia. 


La prima eredità è quella economica e risulta chiara in una ricerca della Bocconi School of Management che valuta l’indotto di Expo 2015. Calcolato secondo un apposito modello di analisi su tre livelli – diretto, indiretto e legacy –  l’indotto complessivo (per il periodo 2012-2020) è stimato in 31,6 miliardi in termini di produzione aggiuntiva (cioè il volume d’affari generato), corrispondente a circa l’1% della produzione nazionale. Il “Pil” dell’evento è calcolato in 13,9 miliardi e sul fronte dell’occupazione porterebbe 242,4mila posti di lavoro in più su base annua.

 

Il secondo lascito è sul piano culturale, come dimostra l’indagine “Scenari ed eredità dell’Expo” condotta dall’Università Milano-Bicocca su un campione nazionale di oltre 3mila persone per misurare il rapporto dei cittadini con l’evento e le ricadute che esso ha avuto su conoscenze e comportamenti alimentari dei visitatori. Giusto per citare qualche dato simbolico, le tre parole chiave di Expo sono state Cibo (58%), Multiculturalismo (47%) e Cultura (29%), mentre oltre un cittadino su tre (35%) dichiara un impatto dell’Expo sul proprio vissuto alimentare mettendolo in relazione con un tema specifico: maggiore conoscenza della filiera (22%), più attenzione allo spreco alimentare (19%), maggiore consumo di cibi a Km0 (14%). L’Esposizione consegna una fetta molto ampia della società italiana – cittadini, imprese, consumatori, professionisti, studenti – con consapevolezza più profonda sul tema agroalimentare nella sua complessità.

 

Un aspetto messo nero su bianco dalla Carta di Milano, che rappresenta il vero lascito del dibattito nel mondo scientifico, nella società civile e nelle istituzioni, in grado di sintetizzare anche la terza eredità di Expo: la crescita della reputazione. Milano e l’Italia hanno acquistato un credito che permette di porsi al centro del dibattito, della progettazione e dello scambio di idee legate allo sviluppo sostenibile e di proporre la stessa Milano come “capitale mondiale dell’alimentazione”. Il Milan Center for Food Law and policy diretto dall’autorevole Livia Pomodoro sta lavorando per dare un futuro a questa eredità con un progetto di grande portata: una rete mondiale per il diritto di tutti al cibo composta da istituzioni, organizzazioni internazionali, università e centri di ricerca, che vede l’Italia come polo da cui diffondere le buone pratiche ereditate con Expo. Le 50 convenzioni attivate in tutto il mondo anche grazie alla collaborazione con Fao, Onu e Commissione Ue sono già significative.

 

A distanza di tempo l’impressione è sempre la stessa: l’Esposizione è riuscita in un cambiamento culturale profondo del Paese, una mutazione trasversale alle generazioni e alle classi sociali in grado di riavvicinare i cittadini ai temi del mondo dell’agricoltura come mai negli ultimi decenni. Una trasformazione che porta con sé dei vantaggi al momento incalcolabili sul piano della crescita dei prodotti made in Italy, della salute e della sostenibilità, tutti ambiti che sarebbero in grado di farci raccogliere la sfida più importante: costruire l’Italia del futuro.

 

Mauro Rosati

Direttore Generale Fondazione Qualivita

 

Fonte: l’Unità