Euforia da etichetta: così si potrebbe chiamare il fenomeno che in questi giorni ha invaso l’Italia dei media. L’ampio risalto che è stato dato alla conclusione dell’iter legislativo della nuova normativa nazionale sulle etichette dei prodotti agroalimentari, ha dato a tutti la sensazione di essere prossimi alla soluzione finale dei problemi alimentari. Un’indicazione in più sulle confezioni potrà quindi cancellare rapidamente anche l’ultima paura dell’allarme diossina.
Ma le cose non stanno proprio così perché, come solo alcuni giornali seri hanno sottolineato, di fatto, per i consumatori italiani non cambierà niente, visto che tutta la legislazione in materia è di diretta competenza comunitaria e, tecnicamente, questa legge non è opponibile a terzi. Quindi sarebbe stato meglio festeggiare dopo il via libera di Bruxelles. Ma questo potrebbe essere solo un dettaglio perché come in tutte le cose un lato positivo rimane: per la prima volta dopo anni, infatti, si è cercato di dare, in maniera bipartisan, una risposta politica seria ad un problema concreto dei consumatori.
La legge sull’origine può quindi essere il punto di inizio di una partita molto più vasta, sia in termini di contenuti, sia in termini geografici. La capacità politica italiana dovrà, partendo da questo risultato, riuscire ad allargare la discussione a temi come OGM, inquinamento ambientale, ecc ma, soprattutto, dovrà dimostrare la sua abilità nel coinvolgere non solo i Paesi europei, ma anche quelle nazioni extra-UE dove i prodotti italiani vengono esportati. È ormai chiaro infatti che le problematiche del food stanno assumendo un carattere sempre più internazionale.
Per fare tutto questo occorrerà tempo, ma sarà la partita del futuro economico italiano. Può sembrare superfluo ricordarlo ma abbiamo anche la grande occasione di EXPO 2015, da non pensare solo come un’esposizione, ma anche come un’occasione strategica per l’Italia.