I fondi d’investimento stranieri sempre più interessati all’universo dei prodotti alimentari DOP IGP italiani. Al di là dello sviluppo dei consumi e dell’export il vero e proprio magic moment del food a denominazione d’origine made in Italy è testimoniato dal crescente interesse imprenditoriale che si sta riscontrando: sempre più stranieri infatti risultano interessati a entrare in una produzione made in Italy a denominazione d’origine.

 

A rivelarlo è il direttore generale della Fondazione Qualivita (tra i principali osservatori italiani sul sistema delle Indicazioni Geografiche), Mauro Rosati. «Dopo le molteplici richieste di incontri dei mesi scorsi – spiega Rosati – abbiamo messo a punto un paper, Il sistema europeo IG, il modello italiano e il caso dell’Aceto Balsamico di Modena IGP“, diretto proprio agli investitori internazionali che vogliano conoscere il sistema DOP. Uno strumento per spiegare il valore aggiunto della qualità certificata (da un ente terzo) e il ruolo decisivo dei Consorzi di tutela».

 

Una crescita di interesse che in parte si giustifica con i numeri messi in campo. I marchi DOP IGP italiani, che tra food e vino vantano un giro d’affari alla produzione di 13,8 miliardi di euro (in crescita nell’ultimo anno del +2,6°) e di 7,8 miliardi all’export (+9,6%). Ma non solo. «Gli elementi nuovi – spiega Rosati – che stanno calamitando l’attenzione di potenziali investitori sono il valore aggiunto della certificazione e il legame con il territorio. Da un lato sta emergendo che alcuni prodotti italiani, dal Parmigiano Reggiano DOP all’Aceto Balsamico di Modena IGP, dalla Mozzarella di Bufala Campana DOP all’olio d’oliva sono ormai indispensabili soprattutto per la ristorazione internazionale. E dall’altro va detto che molti di questi marchi vantano un legame con un territorio conosciuto all’estero: dalla Toscana alla Sicilia all’Emilia Romagna. Caratteristiche che fanno dei DOP IGP un investimento per molti sicuro».

 

Il paper messo a punto dalla Fondazione Qualivita cita poi un caso su tutti: quello dell’Aceto Balsamico di Modena IGP. Questo è innanzitutto un prodotto che ha vissuto una grande parabola di successo: nonostante sia stato riconosciuto solo nel 2009 vanta già un fatturato al consumo superiore al miliardo di euro. E questo grazie a due elementi chiave: la coesione nel mondo delle imprese e un Consorzio di tutela forte. «Se non c’è coesione tra le imprese produttrici – conclude il direttore di Qualivita – finisce che qualcuno porti sul mercato un’offerta in aperta concorrenza con quello DOP. Mentre per quanto riguarda il ruolo del Consorzio basta una riflessione: non c’è in Italia un caso di un prodotto di successo che non abbia alle proprie spalle un Consorzio. Perché la tutela e la vigilanza sul mercato sono temi chiave che le imprese da sole finirebbero per non effettuare».

 

Fonte: Il Sole 24 Ore