Hamburger sempre più al centro dell’attenzione: le notizie che li riguardano sembrano destinate a fare il giro del mondo. E’ successo poche settimane fa con il panino McItaly, oggi ben due dibattiti si occupano delle polpette made in Usa. In Francia le catene fast food Quick per conquistare fasce nuove di mercato propongono solo hamburger islamici halal, bandendo quelli tanto amati al bacon, la cui sola vicinanza, secondo il credo islamico, contamina le altre carni: è rivolta fra i francesi che parlano di settarismo contrario ai principi della Repubblica. In Romania, il ministro della sanità Attila Czeke vuole tassare il fast food, ribattezzato junk food, cibo spazzatura, che ingrassa, non è sano e fa ammalare. La disposizione (ancora allo studio compreso l’elenco degli alimenti che dovranno essere tassati) dovrebbe scattare a marzo e andrebbe a finanziare programmi di educazione alimentare nelle scuole. L’analisi del ministro è semplice: sono bastati solo pochi anni e l’apertura di circa 40mila fast food in tutta la nazione per far diventare sovrappeso 22 milioni di rumeni. Il risultato sarà un notevole aumento di spesa per le casse della sanità pubblica che in parole povere dovrebbe essere ripianata dalla nuova tassazione. Come ogni medaglia esiste un rovescio: l’aumento del costo del cibo alla fine graverà sulle tasche dei meno abbienti e potrebbe portare anche dei rischi come il contrabbando di cibo adulterato. Il dibattito è ufficialmente aperto ed abbraccia numerosi aspetti, a partire da quello sociale, sanitario, economico e culturale. Insomma roba per gente che sa masticare la politica con la P maiuscola, che sa guardare oltre il proprio naso. Perché solo pochi anni fa l’arrivo di un fast food in una qualsiasi città dell’Est post comunista era considerato da tutti il vero e proprio inizio della libertà e della democrazia. Oggi quei presunti valori, ovvero relazioni di mercato e consumismo commerciale, iniziano a essere guardati con una luce diversa.

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