Roma – La sinistra indossa il cachemirino anche a tavola. Il mondo del cibo è dominato dal pensiero unico della sinistra, che se ne frega del consumatore che fa la spesa al supermercato. A dirlo è Mauro Rosati, segretario generale di Qualivita, la fondazione che edita il ponderoso Atlante dei prodotti italiani e l’Atlas Qualigeo, l’unica opera che riporta tutti i prodotti certificati europei (e non solo).
Rosati, che cosa c’è che non va nel mondo del cibo di qualità?
«C’è che è ora di uscire dall’omologazione strisciante che ruota intorno alla filosofia e alla visione di Slow food e del suo leader Carlo Petrini».
Non le piace Petrini?
«Petrini ha tanti meriti, ma questa romantica ideologia del contadino come unico punto di riferimento del cibo di qualità è retorica e obsoleta. Torniamo tutti nei campi? Partiamo alla ricerca del fico secco di Carmignano? Roba destinata a un’élite che si sente depositaria della verità assoluta. La soluzione di un problema globale come la qualità nell’alimentazione non passa dai prodotti di nicchia con giri d’affari vicini allo zero».
E allora?
«Esiste un sistema di prodotti di qualità che hanno una massa critica importante, consorzi che lavorano per garantire al consumatore la possibilità di mettere nel piatto salumi, carni, formaggi, vini e mille altre cose con una catena produttiva certa e controllata. Solo in Europa parliamo di circa un milione di aziende che, se sostenute da una comunicazione non monoteista, garantirebbero davvero quella democrazia della qualità che è il vero obiettivo da perseguire».
Qualità nella grande distribuzione?
«Nell’ultimo libro di Petrini si promuove un modello di distribuzione che non contempla la GDO (Grande distribuzione organizzata). Un atteggiamento snob che non condivido: continuare a vedere la GDO come il nemico da abbattere (salvo però accettare che una nota catena di supermercati sia sponsor di Slow Food) è sbagliato e inutile. I casi sono due: o decidiamo che mangiare bene resti un privilegio di poche persone con tanti soldi, o comprendiamo che solo la GDO può garantire un innalzamento complessivo della qualità e della cultura dei consumatori. Il paradosso è che molti consumatori sanno vita, morte e miracoli degli chef stellati, altri sanno dove comprare gli alimenti sottocosto, magari Made in China. Nel mezzo dovrà pur esserci un equilibrio tra quantità, qualità e prezzo. Su questo bisogna agire e informare la gente. Penso a una nuova Wikinomics del cibo internazionale, dove tutti riuniscano forze ed esperienze. E a una Tobin Tax al contrario, che detassi i prodotti di qualità».
Sembra quasi una rivoluzione...
«Di certo la vera rivoluzione non parte dai contadini diPetrini ma dai consumatore come me, come lei, come i lettori. La democrazia della qualità del cibo dovrebbe essere un diritto sancito dalle Costituzioni di tutti i Paesi civili».