Il 17 Novembre del 2010 la quinta sessione del Comitato Intergovernativo dell’UNESCO ha riconosciuto ufficialmente la Dieta Mediterranea come patrimonio culturale immateriale dell’umanità, sancendo uno status rappresentativo che i Paesi affacciati sul Mare Nostrum non si sono neppure mai sognati di mettere in discussione. La motivazione della commissione è chiara e riassume bene l’insieme dei fattori che nei secoli hanno dato forma al concetto: “la Dieta Mediterranea rappresenta un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola, includendo le colture, la raccolta, la pesca, la conservazione, la trasformazione, la preparazione e, in particolare, il consumo di cibo”.

 

 

Questo riconoscimento ha però alimentato la giusta sensibilità per interrogarsi circa  la possibilità di far leva sulla Dieta Mediterranea per creare valore, economico e sociale, sostenibile. La designazione come ‘dieta’ nel senso moderno è un’“invenzione” operata da alcuni nutrizionisti statunitensi, grazie alla quale ci siamo accorti delle virtù dei prodotti alimentari che da sempre occupano le nostre tavole. Il percorso di valorizzazione è in atto ma ancora lontano dallo sviluppare le vere potenzialità a livello globale.

 

Un valore scientifico

La ‘nostra dieta’ è diventata a livello internazionale un simbolo di salubrità, il che ne ha permesso una discreta diffusione. Data la concretezza di questa convinzione, tale valore va coltivato e affermato, cosa che stanno già facendo singolarmente alcune istituzioni con il supporto di numerosi studi, che dimostrano come l’aderire ai princìpi della Dieta Mediterranea riduca in modo importante la mortalità. D’altra parte, diffondere una cultura del mangiare sano ha forti riflessi positivi anche sulla società e in particolare sulle nuove generazioni che – nel caso di un lavoro di prevenzione accorto – si troveranno a dover sostenere minori costi sociali e sanitari. 

Un fattore chiave in questa direzione è quello dell’educazione alimentare. Stando ai dati del Forum Internazionale della Dieta Mediterranea, più del 22% dei bambini che frequentano la scuola primaria è già in sovrappeso, mentre l’11% ha problemi di obesità. Ma a preoccupare è il dato che dice come l’Italia, rispetto all’Europa, ha il minor tasso medio di obesità ma il più alto tasso di obesità infantile. Il dato è chiaro, a un certo punto della storia la dieta delle nuove generazioni ha deviato bruscamente dal regime nutrizionale tradizionale legato ai prodotti ed allo stile di vita della Dieta Mediterranea.

Le misure più efficaci di educazione alimentare sono i programmi pluriennali multiattività che hanno visto il coinvolgimento di famiglie, scuole, operatori della salute e comunità, promuovendo una sana alimentazione unita all’attività fisica, con piani di formazione dei genitori e di educazione nutrizionale. Per creare una base solida, servono, in buona sostanza, progetti di educazione alimentare basati sulla sinergia dei soggetti istituzionali del territorio appartenenti ad aree diverse, dalle politiche alimentari alla scuola, dalla salute all’ambiente.

 

Un volano economico

“Educare alla Dieta Mediterranea fin dall’età scolare – ha ben sintetizzato il Presidente del Forum Internazionale Dieta Mediterranea Enrico Lupi –non è solo un modo per aiutare le giovani generazioni a prevenire patologie quando saranno adulti, ma anche per renderle consapevoli delle enormi potenzialità che l’adozione della Dieta Mediterranea può avere sui territori da essa interessati dal punto di vista economico.”

In special modo nell’area mediterranea, il cibo ha da secoli la straordinaria capacità di definire le caratteristiche di un territorio attraverso patrimoni enogastronomici condivisi e facilmente riconoscibili grazie a peculiarità uniche. Patrimoni costruiti sull’intimo legame di vari elementi: i prodotti a indicazione geografica, il vino, la storia, le tradizioni, la cultura popolare e la sapienza di chi ogni giorno lavora per creare.

Partendo da questi presupposti l’obiettivo congiunto di Paesi come l’Italia, la Spagna, la Grecia, ma anche di quelli appartenenti alle aree nordafricana e mediorientale, dovrebbe essere la trasformazione della Dieta Mediterranea in un fattore di sviluppo. Per raggiungere tale finalità serve una strategia strutturata che diffonda questo stile di vita sul piano internazionale, garantendogli distintività con la creazione di un brand capace di veicolare i valori unici al mondo e consentendone una valorizzazione economica sui mercati del largo consumo alimentare. Secondo i dati del Forum Internazionale della Dieta Mediterranea, in Italia il peso della dieta sul totale della spesa alimentare delle famiglie arriva al 75%. La cifra è già molto alta, ma potrebbe crescere nel caso in cui ci sia la capacità di legarne il concetto ad un’offerta turistica basata sull’esperienza e sulla ricerca dei valori direttamente associabili alla dieta stessa. In questo processo il nostro Paese deve trovare la forza di essere una guida, un punto di riferimento imprescindibile, partendo dalla ricchezza del proprio patrimonio agroalimentare che può vantare il primato dei prodotti a Indicazione Geografica DOP IGP (272 prodotti agroalimentari e 523 vitivinicoli) che rappresentano la vera sintesi della Dieta Mediterranea e uno dei pochi patrimoni ‘pubblici’ inesauribili del Paese.

 

Forum Internazionale ad EXPO

Un importante contributo può arrivare dalle attività programmate dal Ministero delle Politiche Agricole in ambito EXPO e in particolare dalle sessioni di lavoro della Settimana della Dieta Mediterranea programmata dal 14 al 20 settembre. In quest’occasione il Ministero darà avvio all’anno di coordinamento italiano del gruppo intergovernativo della la Dieta Mediterranea, con l’obiettivo di dare concretezza alle politiche relative allo sviluppo sostenibile e alla crescita nel Mediterraneo. Uno degli strumenti previsti come contributo della guida italiana, sarà la pubblicazione del “Libro Bianco della Dieta mediterranea”, un contributo di alto valore scientifico che promuova la nostra Dieta nel mondo.

Durante questa settimana si aspettano importanti novità anche dal Forum Internazionale della Dieta Mediterranea che ha coinvolto 13 Paesi mediterranei e che si terrà il 18 settembre in collaborazione con Mipaaf e  dagli eventi organizzati per l’occasione dal cluster del Bio-Mediteraneo

In questo contesto l’Italia ha la possibilità di svolgere un ruolo importante grazie a conoscenza, capacità e qualità del patrimonio agro-alimentare. Per farlo dovrà però riuscire a costruire un messaggio universale che affermi il valore della Dieta Mediterranea dal punto di vista salutistico, politico ed economico. Dovrà, in particolare, essere capace di coinvolgere diversi soggetti su un livello, quello del commercio internazionale, tanto complesso quanto necessario, tenendo ben presente che senza un impatto reale su imprese e cittadini sarò stato tempo perso.