In un periodo in cui viene ridisegnata la struttura economica e sociale italiana, ed europea, anche le abitudini di consumo dei prodotti più tradizionali compiono un processo di riassetto lento ma costante. In Italia è cambiato anche il modo di consumare il vino, si beve meno e in modo diverso. I dati di una recente ricerca IRI sottolineano come siano crollate le vendite nella fascia media di prezzi lasciando margine a buoni fatturati nella bassa e in quella altissima.


“Questa flessione  della fascia media di mercato del vino non è un fenomeno imprevisto – commenta Carlo Cambi, critico  enogastronomico –  anzi è una  realtà che già   anni fa si poteva intuire. Ma non accade solo in Italia come conseguenza della crisi, è già realtà anche in  altri mercati, come  in  America, dove si  vendono bene  le  bottiglie sopra 100 dollari o quelle intorno  ai 7/8 dollari”.  Dove ricercare il perché di questa tendenza? “Il consumo del vino si basa su due caratteristiche – sostiene  Cambi –  o se ne fa un uso totalmente edonistico, per puro piacere e per  ostentazione di ricchezza, o per uso  alimentare puro, seppur  con un tentativo di consumo più consapevole, ma condizionato dalla disponibilità di reddito. Una variabile nel fenomeno del crollo dei consumi della fascia media dei vini, è sicuramente il boom delle birre  artigianali”.


I dati evidenziano un calo dei volumi di vendita in generale da alcuni anni con una crisi dei consumi che si differenzia, però, per canale di vendita. Nel settore della ristorazione regge  la fascia alta di prezzi, mentre nella grande distribuzione reggono meglio quelli a basso costo, con una proposta sempre più orientata alle politiche di prezzo. D’altra parte la classe media – vero target della tipologia di vini in crisi – era del resto, dagli anni ottanta, quella che ha creato i veri volumi sul mercato interno, che ha segnato la crescita del paese disegnando la geografia produttiva e la realtà socio-economica. Adesso è diventata più piccola e i redditi corrono velocemente verso il basso con i conseguenti cambiamenti nei consumi. A questo primo tipo di mutamento, si associa anche un quello delle abitudini. Il consumatore – conferma la ricerca recentemente pubblicata – sceglie prodotti facili da bere prediligendo bottiglie intorno ai  5 euro, e inserisce nel proprio paniere nuove denominazioni come Vermentino,  Morellino, Negroamaro e Syrah. I vini più venduti restano Lambrusco  e Chianti, seguiti  dalla Bonarda.


“Il Lambrusco è da anni il vino italiano più venduto  per il suo rapporto qualità prezzo – afferma Ermi Bagni direttore del consorzio Lambrusco di Modena – posizionato in  una fascia di prezzo medio bassa, di  buona qualità, grado alcolico  contenuto, un vino facile direi. Essendo prodotto in pianura, anche se i costi di produzione sono simili a quelli dei vini a medio e lungo invecchiamento, la resa è molto superiore rispetto a quelli di collina, ecco il perché del minor costo  alla vendita”.

 

“Sono dati interessanti che rispecchiano la stessa realtà della ristorazione – commenta Enzo Vizzari direttore della Guida dei Vini d’Italia – la fascia che soffre di più è quella media. Oggi si cerca di bere facile, vini che piacciono subito, più immediati. La birra sta entrando in concorrenza e sarà un fenomeno importante nel futuro. Continua a diminuire  il consumo di vino pro capite,  e si sta affermando l’uso del vino al bicchiere, che io approvo, perché permette di abbinare bene i vini con i diversi piatti senza richiedere un costo esagerato”.

 

“La direzione delle tendenze in atto – conclude Alberto Mattiacci , Direttore scientifico di Eurispes ed esperto del settore- spinge verso una progressiva marginalizzazione del mercato nazionale a favore di un export in grado di creare valore. Il rischio è che alla lunga si crei un sentire comune sul fatto che il vino sia un prodotto difficile. Sarebbe auspicabile ragionare su un’azione collettiva in grado di rinsaldare il rapporto tra cittadini e il vino, tornando ad un immaginario più semplice. Credo sia possibile farlo agendo sia sull’aspetto economico che su quello emotivo. Altrimenti è possibile che un numero sempre maggiore di persone cerchi un prodotto più facile da bere che meglio si adatti a quelle che sono le esigenze attuali”.

 

Sicuramente i consumi condizioneranno  anche la struttura delle aziende vitivinicole; l’esigenza di costruire modelli di impresa sempre più in linea con il mercato in aggiunta ai forti  investimenti dei capitali stranieri ben presto determineranno una nuova geografica di impresa dell’ Italia del vino.