Lettera aperta ai Consumatori italiani

In questi anni abbiamo apprezzato lo sforzo e l’impegno di Carlo Petrini a favore dell’agricoltura e dell’enogastronomia del nostro Paese, soprattutto in quelle attività attinenti all’ambito culturale delle produzioni tipiche italiane; le manifestazioni, le pubblicazioni e tutto il lavoro svolto per innalzare il livello culturale sulle tematiche del food sono state quasi sempre condivisibili.

Ci permettiamo invece, in questa nostra lettera indirizzata a tutti i lettori, che sono prima di tutto consumatori, di fare alcune considerazioni sull’intervento del padre di Slow Food a proposito del “Panino Mc Italy”. 

Vorremmo innanzitutto ricordare che in questi anni  la priorità di governi, regioni, associazioni, consorzi e migliaia di imprese  agricole è stata quella di cercare sempre nuovi sbocchi commerciali che riuscissero, attraverso un’opera continua di promozione sia nei confronti della distribuzione che del consumatore finale, a portare i nostri prodotti d’eccellenza al di fuori dei ristretti contesti di appartenenza.

Come sistema Paese abbiamo investito ingenti risorse per promuovere un modello di agricoltura e di alimentazione che potesse contrastare modelli diversi, frutto più delle logiche commerciali dei grandi gruppi alimentari stranieri, che di effettive qualità intrinseche.

Si è trattato e si tratta di uno sforzo enorme dove i consorzi e le imprese agricole sono stati sempre in prima linea nel combattere una battaglia difficile e dove non sempre le ricompense sono state proporzionate agli sforzi. Sarebbe stato molto più facile per tutti scegliere altre strade, altri modelli, cosi come hanno fatto altri settori italiani di punta: vendere il marchio e delegare invece le produzioni altrove, dando vita a quei fenomeni di delocalizzazione che ben conosciamo e che bene non fanno al nostro Paese, alla nostra occupazione e all’economia. Così la nostra agricoltura però non ha fatto. E’ rimasta nella propria terra, nel vero senso del termine, continuando a coltivare, seppur tra mille ostacoli e difficoltà, quei prodotti che ci conferiscono prestigio a livello mondiale.

Ciò che vogliamo fare presente a Petrini è che i modelli di distribuzione cambiano cosi come sono cambiati gli stili di vita ed é su questo dinamismo sociale che il concetto di qualità deve ancora imporsi e non può essere lasciato in disparte o peggio, lasciato soltanto al business dei grandi gruppi.

Se una multinazionale come McDonald’s decide di cambiare “pelle” significa  che stiamo assistendo ad una mutazione difficilmente prevedibile e ad un risultato importante per tutti noi; in primo luogo ciò significa che tutto il lavoro di migliaia di persone e forse di qualche milione di occupati del nostro made in italy di qualità, non ha in questi anni perso del tempo, ma ha seminato con successo qualcosa in cui ha creduto, e di cui ora inizia a raccoglierne i frutti, dinanzi alla consapevolezza dei consumatori di tutto il Mondo.

E davanti ad una tale trasformazione non si può far marciare indietro in nome del mantenimento di uno status (quo) tradizionale e tradizionalista, adottando un atteggiamento intransigente, che non porta ad altro che all’esclusione della qualità da qualsiasi sistema e modello si appropri delle nostre società.

Mauro Rosati