Molte sono state le riflessioni sul tema agricolo nella settimana che ha preceduto il G7 di Bergamo. Organizzazioni, imprenditori, mondo della ricerca e giovani si sono confrontati per tentare di definire il modello agricolo del futuro. L’approvazione di documenti strategici nel lungo periodo, come la Carta del Biologico o la Dichiarazione di Bergamo sui prodotti a Indicazione Geografica, ne sono esempi importanti.

Da questo dibattito emerge come l’Italia, a differenza di molti altri paesi, punti in maniera convinta a un pluralismo agricolo che metta insieme le capacità delle piccole imprese, le tradizioni culturali, le biodiversità, le tecnologie alimentari, il biologico, la grande industria alimentare e naturalmente i territori.

Un’agricoltura al plurale, una biodiversità di colture e di culture, di modelli di sviluppo e tipologie di aziende che a oggi offrono al mondo intero un serio punto di riferimento. In questi anni le politiche nazionali hanno cercato di far coesistere questa realtà diversificata all’interno di una logica di crescita economica e di tutela dei valori espressi da questo variegato contesto.

La strada che l’Italia traccia e porta in dote al dibattito del G7 è la possibile e reale convivenza fra piccolo e grande, fra tradizione e innovazione, fra industria e artigianato: un modello che tutti oggi ci invidiano e che può diventare uno strumento valido per la sicurezza alimentare, per ridurre lo spreco, per incrementare l’economia nei Paesi in via di sviluppo e rispettare di più l’ambiente.

Pluralismo agricolo è la sfida che l’Italia lancia al G7 per il futuro.

 

Fonte: Huffington Post