I DOSSIER DI FAMIGLIA CRISTIANA

Luoghi incantevoli e buona cucina: da sempre questi due concetti riassumono il bello dell’Italia nell’immaginario collettivo. Pomodori maturati al sole di Pachino o di San Marzano sul Sarno, il Parmigiano Reggiano su un piatto di spaghetti, una pizza napoletana con mozzarella di bufala campana, il profumo dei limoni di Amalfi e del melone mantovano. E non si tratta di un cliché: il nostro Paese può realmente vantare il più alto numero di eccellenze alimentari connesse al territorio, tutelate, a livello legislativo, dai marchi Dop, Igp, Stg. Il sistema di certificazione europeo lega indissolubilmente i prodotti ai luoghi di origine: così facendo preserva l’ambiente, salvaguardando ecosistemi e biodiversità, sostiene la coesione sociale e le tradizioni locali, conferisce uno speciale valore al meglio del “made in Italy” nei Paesi esteri e, allo stesso tempo, dà maggiori garanzie ai consumatori, con un elevato livello di tracciabilità e di sicurezza alimentare.

GARANZIE DI QUALITA L’ORIGINE GEOGRAFICA DEVE ESSERE CERTIFICATA

Al momento dell’acquisto, impariamo a leggere le etichette. Gli esperti di Adiconsum ci spiegano come funziona nell’ambito Ue la promozione e la difesa delle merci agroalimentari

Le denominazioni Dop (Denominazione d’origine protetta) e Igp (Indicazione geografica protetta) sono state introdotte in Europa nel 1992 con il Regolamento CEE n.2081/92 al fine di promuovere, sostenere e tutelare le produzioni agroalimentari la cui elevata qualità dipende essenzialmente dal luogo o dal metodo di produzione», illustra Andrea Di Palma, segretario nazionale Adiconsum. «Veri e propri marchi di qualità, riconosciuti dall’Unione europea a seguito di un procedimento piuttosto accurato e sottoposto a costanti controlli». Qual è la differenza fra i due marchi? «Entrambi identificano prodotti la cui qualità è strettamente connessa con il territorio; nello specifico il marchio Dop è apposto a prodotti la cui intera produzione e trasformazione siano avvenute nella zona geografica dichiarata; per il marchio Igp è invece sufficiente che solo una delle fasi di produzione sia stata realizzata all’interno dell’area geografica della quale il prodotto reca il nome». In pratica, la caratteristica fondamentale di una Dop risiede nel fatto che tutte le sue qualità sono dovute a fattori na58 G3 18/2018

I NUMERI

2.979 sono in totale i prodotti Dop, Igp e Stg nei Paesi europei. Più di 6,6 miliardi di euro è il valore alfa produzione del comparto food con marchio Dop e Igp. In testa troviamo il settore dei formaggi, capeggiati dal Grana Padano (1,29 miliardi di euro) e dal Parmigiano Reggiano (1,12 miliardi di euro). 1 /3 della produzione è destinata all’esportazione: i primi mercati di riferimento sono Germania, Francia e Regno Unito. Il settore dei prodotti Dop Igp W rappresenta :11 o dell’industria alimentare nazionale. 295 prodotti alimentari e 526 vini hanno un marchio di origine soltanto in Italia. In tutto sono 818, un record con cui il nostro Paese può vantare il primato in Europa. turali (per esempio il clima, o il suolo) oppure umani (conoscenze, tecniche) tipiche di un determinato luogo, mentre nella Igp è sufficiente che una particolare qualità dell’alimento, e non la sua qualità complessiva, sia attribuibile all’origine geografica. Vi è poi un’ulteriore denominazione. È il marchio stg (Specialità tradizionale garantita), una certificazione riservata ai prodotti agroalimentari non legati a un territorio specifico, ma caratterizzati da un metodo di produzione tipico tradizionale. Attualmente le uniche Specialità tradizionali garantite sono la mozzarella e la pizza napoletana, che si distinguono non per la produzione esclusiva in un unico luogo, ma per le loro caratteristiche tradizionali.

CAMBONZOLA E PARMESAN: ALL’ESTERO LA CONTRAFFAZIONE HA NOMI DI FANTASIA

Nonostante le numerose tutele dei prodotti di qualità del nostro Paese, all’estero è molto diffuso il fenomeno dell’Italian sounding, cioè la vendita di prodotti alimentari che si fregiano di nomi, immagini e marchi che richiamano il nostro Paese, ma che italiani non sono affatto. «Questo fenomeno, purtroppo, investe numerosi prodotti, soprattutto vini e formaggi», spiega Andrea Di Palma di Adiconsum. «Attualmente, a differenza della contraffazione propriamente detta, non è facilmente sanzionabile, poiché viene realizzata attraverso strumenti e comportamenti non vietati dalla legge, ma comunque suscettibili di generare confusione nei consumatori. È buona regola leggere le etichette e prestare attenzione alla provenienza, senza farsi ingannare dalla confezione». Si stima che, nel mondo, il giro d’affari annuo dell’Italian sounding sia di circa 54 miliardi di euro ranno e che riguardi due prodotti su tre commercializzati all’estero. Tra i nomi più fantasiosi, oltre ai noti Cambonzola (anche nella variante Gorganzola) e Parmesan che fanno il verso ai nostri formaggi tipici, possiamo annoverare l’Olio “Bellissimo” e il brodo “Progresso”, denominato “Italian Style wedding”, letteralmente “Zuppa di matrimonio all’italiana”, della quale, tuttavia, non c’è traccia nella nostra tradizione.

DALL’OLIO ALLE LENTICCHIE: LE NUOVE ECCELLENZE

Dal 2010 è stata riconosciuta l’unicità di 100 nostri prodotti. Un record a livello europeo che riguarda diversi settori della nostra agricoltura

L’Italia vanta il primato di prodotti agroalimentari e vitivinicoli Dop, Igp e Stg regi strati a livello europeo, con 295 certificazioni nel settore food e 526 nel wine. «Per dare un’idea, nell’agroalimentare, dal 2010 sono stati riconosciuti Zoo prodotti italiani per circa 13 nuove Indicazioni geografiche all’anno», spiega Mauro Rosati, direttore generale della Fondazione Qualivita, la cui mission, dal 2002, è quella di valorizzare il settore agroalimentare di qualità. «A testimonianza della grande varietà del nostro patrimonio, le ultime registrazioni nel settore food in ordine temporale appartengono tutte a classi di prodotto diverse: la Lenticchia di Altamura lgp, il formaggio Ossolano Dop, l’olio extravergine di oliva Marche lgp e i Vitelloni Piemontesi della Coscia lgp. Sul fronte vitivinicolo, dopo la prima grande ondata di registrazioni da parte di tutti i Paesi membri dell’Ue, avvenuta negli anni Novanta, sono poche le nuove denominazioni che iniziano l’iter per essere tutelate dai marchi europei. Tra queste, in attesa di essere riconosciute a livello europeo, ma tutelate a livello italiano il Delle Venezie Dop, il Friuli Dop, il Nizza Dop e il Pignoletto D op». Anche per i vini sono in vigore le classificazioni europee che distinguono le Igp dalle Dop. «Tuttavia», precisa Andrea Di Palma, «alle linee guida europee, la legge italiana prevede anche l’utilizzo di denominazioni differenti. Invece della sigla Igp può essere utilizzata la sigla Igt (Indicazione geografica tipica); per quanto riguarda la denominazione Dop, questa può essere sostituita dalle sigle nazionali Doc (Denominazione di origine controllata) e Docg (Denominazione di origine controllata e garantita)». In aggiunta, la normativa italiana stabilisce che possano essere specificate anche sottozone geografiche o sotto denominazioni. «Nel 2009, con l’entrata in vigore di nuovi regolamenti europei, si è arrivati all’introduzione delle protezioni comunitarie dei vini come Dop o Igp, creando così un quadro omogeneo per la difesa delle denominazioni di origine vitivinicole e agroalimentari», aggiunge Rosati. «I successivi decreti legislativi nazionali hanno stabilito che i vini Docg e Doc confluissero nella categoria dei vini Dop, mentre i vini Igt venissero identificati attraverso l’acronimo già previsto per gli analoghi prodotti alimentari (Igp). Tuttavia la legge prevede che si possano continuare a usare le menzioni precedenti, entrate nel linguaggio comune». Che si tratti di vini o alimenti, distinguere quelli certificati da una denominazione d’origine tra i banchi del supermercato è semplice. «I prodotti Dop, Igp e le Stg sono riconoscibili in etichetta: su di essa è apposto un logo circolare blu e giallo per Dop e Stg e giallo e rosso per le Igp», spiega Di Palma. «Al loro interno è contenuta la definizione per esteso, oltre alle dodici stelle, simbolo dell’Unione europea. Per quanto riguarda i prodotti sfusi, non pre-imballati o in genere quelli sui quali non può essere apposta un’etichetta, le informazioni devono essere riportate sulla confezione che li contiene o sul banco vendite». .

ANCHE IL PANINO É DOP

Uno degli obiettivi di Qualivita è di avvicinare il mondo delle eccellenze alimentari certificate a quello della ristorazione, oltre che alle tendenze maggiormente recepite fra i giovani, come quella del fast food, dello street food e delle consegne a domicilio. Un interessante esperimento per raggiungere questo obiettivo si è svolto a Roma il 22 marzo scorso con il contest “Il mio panino Dop Igp”, una sfida lanciata ai giovanissimi chef di due istituti alberghieri per il miglior panino preparato scegliendo fra circa 40 ingredienti di origine certificata. Il sandwinch vincitore, opera dei ragazzi dell’Istituto Amerigo Vespucci di Roma, e preparato, fra l’altro, con Provolone Valpadana, Vitellone bianco dell’Appennino centrale, salsa agrodolce alla Cipolla rossa di Tropea e Aceto balsamico di Modena, è stato battezzato “Km 1300” (la lunghezza dell’Italia), in omaggio a tutto lo Stivale.

UN OCCHIO ALL’ECOSISTEMA – LA PRIMA REGOLA È PRESERVARE L’AMBIENTE

Animali in ottima salute e ben curati, piante sane coltivate su terreni non inquinati: i Consorzi si battono per il benessere di tutti.

Quando il consumatore acquista un prodotto di origine certificata, di norma più caro, ha la garanzia di portare in tavola un alimento di qualità superiore sotto diversi aspetti: «Le produzioni agroalimentari e vitivinicole certificate Dop Igp danno ai consumatori la certezza di aver comprato i prodotti “originali” ad alta qualità, le vere eccellenze», assicura Mauro Rosati. «Queste offrono da un lato una “garanzia sull’origine” con una tracciabilità 100%, in cui ogni fase del processo produttivo è monitorata e documentata; dall’altro, una “garanzia di qualità” grazie all’obbligo di seguire un metodo di produzione comprendente le materie prime regolamentato e costantemente controllato affinché possieda qualità e caratteristiche uniche e superiori ai normali standard. Le verifiche sono effettuate su tre livelli, da tre soggetti diversi: le autorità pubbliche, gli enti terzi indipendenti, le associazioni di produttori come autocontrollo di qualità». Nonostante questo, non mancano di tanto in tanto polemiche e campagne denigratorie volte a coinvolgere anche i marchi di qualità. Ma è vero che la dicitura Dop e Igp garantisce anche sul benessere degli animali da allevamento, sui mangimi o sull’uso moderato di pesticidi? «Dop e Igp rappresentano l’eccellenza di tutte le produzioni nazionali alimentari e mantenere uno standard eccezionalmente alto è l’obiettivo primario per continuare ad avere una qualità riconosciuta dal consumatore», prosegue Rosati. «In questo quadro chi investe nella certificazione Dop Igp e si fa controllare da enti terzi e indipendenti non può fare a meno di avere animali in ottima salute, carni perfette, piante sane e terra non inquinata. I Consorzi di tutela Dop Igp sono in prima linea nelle battaglie per proteggere e salvaguardare il loro patrimonio più prezioso: il territorio, l’ambiente, le materie prime e il benessere dei consumatori».