Il direttore generale della Fondazione Qualivita illustra il suo concetto di qualità in campo alimentare e spiega come sia possibile renderla alla portata di tutti.

 

Made in Italy, sempre? Quanto influisce l’origine sulla qualità?
I prodotti Made in Italy rappresentano sicuramente il vanto della nostra cucina, molti anche gli chef stranieri che usano e ricercano le nostre specialità per le loro preparazioni, ma non possiamo non guardarci intorno. La dieta mediterranea, che non è solo italiana, ma riunisce le abitudini alimentari di tutti quei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, ci ricorda che esistono tanti altri prodotti che per storia, tradizione, gusto, valori nutritivi e mille altre peculiarità non possono non essere presi in considerazione. I Paesi che, come il nostro, hanno deciso di scommettere sui prodotti di qualità, di valorizzare il territorio e la cultura della popolazione di appartenenza, dovrebbero, in questo momento, trovare il sostegno da parte dei ristoratori. Il punto non è privilegiare tanto i prodotti italiani in sé e per sé, quanto prediligere e scegliere prodotti di qualità. Molti prodotti italiani sono di qualità ma non lo sono tutti, così come non tutti i prodotti provenienti dall’estero sono di scarsa qualità.

 

Cosa si intende per cibo di qualità?
Per riconoscere e orientarsi verso una scelta consapevole di cibo di qualità, possiamo definire le principali caratteristiche che il cibo stesso dovrebbe possedere.
Edibilità: rappresenta la commestibilità di ogni alimento – sia esso singolo o inteso come preparazione di più ingredienti – in modo che possa essere consumato senza mettere a rischio in alcun modo la salute dei consumatori.
Qualità: intesa come l’insieme di quelle caratteristiche distintive di un prodotto che ne connotano la sua originalità in termini di gusto, sapore e che provengono dal connubio territorio, capacità umane e tradizione. I prodotti che hanno una certificazione DOP-IGP sicuramente rappresentano questo concetto di qualità che deve per forza comprendere anche la tipologia di agricoltura da cui “nasce” un prodotto, il benessere animale, l’impatto ambientale; tutte quelle componenti che non si riscontrano in prima battuta sul cibo ma fanno parte integrante del suo ciclo di vita.
Origine: ovvero il territorio di produzione, un elemento che deve avere un legame indissolubile con il prodotto stesso e deve essere sinonimo di garanzia. La provenienza è sicuramente uno dei valori estrinseci più importanti legati ad un alimento.
Trasparenza: è uno dei valori oggi più richiesti dal consumatore. Informazioni veritiere, chiare e semplici devono accompagnare sempre il prodotto, attraverso le etichette o la divulgazione di chi lo propone. In sintesi c’è bisogno di cibi E.Q.O.T.

 

Come possono essere controllate e garantite qualità e sicurezza dei cibi?
Il ruolo del ristoratore nel garantire qualità e sicurezza degli ingredienti è fondamentale in quanto deve essere in grado sia di acquistare materie prime idonee dai fornitori sia di osservare tutti i criteri igienici nella preparazione delle pietanze. Sono tanti i passaggi e le fasi a cui è sottoposto un alimento prima di arrivare al consumo, ognuna delle quali può mettere a rischio l’integrità salutistica. Un rigido sistema di controlli e di standard di sicurezza per tutta la filiera produttiva è una condizione minima e necessaria. È grazie ai tanti controlli che avvengono in tutti i passaggi della filiera produttiva – dalla produzione sul campo alla trasformazione in azienda, fino ad arrivare alla distribuzione – che si può garantire una maggiore qualità degli alimenti. Questa tracciabilità che avviene dal campo alla tavola è la chiave per garantire sicurezza per tutti i soggetti della filiera agroalimentare, dai produttori ai fornitori, dai ristoratori ai consumatori finali. La certificazione è un vantaggio competitivo differenziante che deve valorizzare, il più possibile, il prodotto, diversificandolo da quelli similari, sia in funzione delle caratteristiche che del processo produttivo necessario ad ottenerlo.

 

I prodotti certificati come, ad esempio, quelli contraddistinti dal marchio DOP sono migliori di altri?
I prodotti che hanno una certificazione DOP-IGP sicuramente rappresentano il concetto di qualità che deve per forza comprendere anche la tipologia di agricoltura da cui “nasce” un prodotto, il benessere animale, l’impatto ambientale; tutte quelle componenti che non si riscontrano in prima battuta sul cibo ma fanno parte integrante del suo ciclo di vita. In materia di tracciabilità i prodotti a marchio DOP e IGP sono una garanzia, dal momento che ogni procedimento di lavorazione è identificabile e rintracciabile da parte del consumatore.

 

Quanto sono efficaci le normative comunitarie e nazionali in materia di tutela della qualità dei prodotti alimentari?
Le normative sono sempre efficaci. L’ Europa, ma soprattutto l’Italia, hanno una legislazione all’avanguardia e moltissimi enti, forse troppi, preposti alla tutela della salute dei consumatori, attraverso il controllo della salubrità degli alimenti. Il punto su cui riflettere è se realmente vengono applicate queste normative e se esiste una cultura aziendale evoluta che si preoccupi in prima istanza del consumatore finale. Se guardiamo il problema da questo punto di vista, possiamo dire che il bicchiere è mezzo pieno e mezzo vuoto. Un esempio: la Germania era un a Paese giudicato estremamente scrupoloso relativamente ai controlli di qualità, ma è bastato l’inganno di un’azienda per mettere in crisi tutto un sistema. Bisogna sempre lavorare su due binari paralleli; aggiornare la legislazione e le strutture dedite ai controlli e promuovere una cultura aziendale attenta e consapevole tesa alla salvaguardia del consumatore, solo cosi potrà funzionare.

 

Come può un consumatore capire se un prodotto è di qualità?
A volte risulta difficile definire la qualità. Troppo spesso, infatti, viene associata a così tante caratteristiche del prodotto (valore nutrizionale, gusto, prezzo, ecc.) che il consumatore non riesce più a distinguere ciò che può essere definito “un cibo di qualità”. Per fortuna ci vengono in aiuto i prodotti a denominazione d’origine protetta (DOP) e a indicazione geografica protetta (IGP), che, negli ultimi anni, si sono diffusi ed evoluti diventando un sinonimo di garanzia per milioni di persone in tutta Europa. Queste eccellenze gastronomiche rappresentano per molti aspetti la memoria della tradizione e anche il rispetto per il lavoro dell’uomo, dell’ambiente e del benessere animale. Proprio l’agricoltura, concepita secondo i parametri riconosciuti ed approvati dalla UE, si inserisce in un’ottica di tutela del benessere animale, della sostenibilità ambientale e della sicurezza alimentare ed i prodotti di qualità che ne derivano portano sulle tavole le loro peculiarità uniche e distintive, frutto dell’interazione fra sapere e cultura dell’uomo e caratteristiche del territorio di produzione. Non esistono confini, né geografici né culturali, per questi prodotti che viaggiano anche oltre oceano, per poi arrivare sulle tavole dei ristoranti di tutto il mondo. Pensiamo al re dei formaggi, il Parmigiano-Reggiano DOP, che viene ricercato e impiegato sia dagli chef dei ristoranti stellati sia nelle cucine dei ristoranti di periferia.

 

Come può il ristoratore contribuire all’educazione sulla qualità dei cibi?
Probabilmente la trasparenza sulle informazioni nel mondo dell’alimentazione è ancora uno dei punti deboli del sistema. Le notizie che spesso arrivano al consumatore sul prodotto, a volte creano più confusione che chiarezza. Non serve quindi solo migliorare i messaggi del contenuto informativo, l’etichetta, la divulgazione – gli acronimi DOP e IGP riuniscono in sé già tutto questo e il consumatore comincia ad abituarsi al loro messaggio indiretto- ma per tutti gli altri prodotti serve più chiarezza. Determinante, nel caso della ristorazione, è il ruolo di chi propone i piatti al cliente, che deve sapersi porre come tramite per facilitare la comprensione e saper creare il giusto “feeling” con il prodotto che si suggerisce al cliente. D’altra parte quando, invece, consumiamo un pasto fuori casa, la nostra fiducia si incentra sulle parole del ristoratore. In questo caso è elevato il rischio di imbattersi nella disinformazione, volente o nolente. Infatti nel mondo della ristorazione è più facile il verificarsi di casi dove le indicazioni relative al prodotto – dal metodo di produzione alle caratteristiche nutrizionali – sono riportate in modo incompleto o errato. Un buon cibo, per questi motivi, deve possedere (soprattutto grazie all’opera di chi lo produce) una propria capacità di divulgarsi, di essere chiaro e trasparente sotto gli occhi di chi lo consuma. In sintesi E.Q.O.T.

 

Come si concilia la necessità di offrire prodotti a un prezzo accessibile con la tutela della qualità?
Innanzi tutto bisogna abituare la gente a mangiare di meno. Ma molto di meno. In questo modo già potremmo dare una risposta. Non solo mangiare di meno tutti, ma anche meno disponibilità di prodotti. Ogni supermercato conta circa 50.000 referenze alimentari; con circa 500 si potrebbe tranquillamente soddisfare l’alimentazione di tutti. L’eccesso di produzione sia in termini di quantità che di occorrenze, si ribalta direttamente nel prezzo. Seguendo questa strada ci sarebbe sicuramente un risparmio per tutti, ma soprattutto qualità per tutti.

 

McDonald’s Italia intervista Mauro Rosati