Dopo la decisione del 13 luglio in cui ha riconosciuto ai Paesi membri la facoltà di decidere se autorizzare o meno la coltura di organismi geneticamente modificati sul proprio territorio, la Commissione europea è ritornata di nuovo a parlare e a decidere sugli OGM. Sono di ieri le decisioni attraverso cui da Bruxelles si autorizza l’importazione di sei nuove varietà di mais sul territorio europeo.  Cinque decisioni che autorizzano le cinque nuove varietà e una decisione che rinnova l’autorizzazione per il mais bt11 che si avviava alla scadenza. Le autorizzazioni riguardano gli usi alimentari e mangimistici, l’import e la trasformazione ma non la coltivazione, per cui restano in vigore i dettami finora dettati dalla Commissione e che ad oggi hanno portato alla coltivazione di due sole varietà di OGM, e di cui una sola può essere venduta per alimentazione, il mais MON810.
Ma le autorizzazioni concesse ieri hanno una validità di dieci anni, un periodo più che sufficiente per permettere ai sei tipi di mais fatti in laboratorio di contaminare le coltivazioni di tipo naturale.

Lo stesso giorno, dall’altra parte del mondo si svolgeva un’udienza della United States House of Representatives sul tema della resistenza delle erbacce al glifosato utilizzato su colture geneticamente modificate. Una condizione che costringe i contadini americani ad aumentare le quantità di pesticidi utilizzati nelle coltivazioni e ad includere anche quelli più dannosi per l’ambiente come il glifosato ed altri come il triazine che è stato proibito sull’intero territorio dell’ Unione Europa dal 2001. Ciò spiega perché le maggiori produzioni di OGM si verifichino in Paesi in cui la popolazione locale non viene resa abbastanza edotta sui pericoli di contaminazione che rischiano le coltivazioni locali autoctone.

In tale contesto ci sarebbe poco da felicitarsi della decisione della Commissione europea di legittimare una maggiore importazione di mais geneticamente modificato, che di conseguenza legittima l’uso di pesticidi pericolosissimi per l’ambiente e non solo.

Ed è sconfortante prendere poi atto che anche l’Agenzia per la sicurezza alimentare (EFSA) abbia dato parere positivo e che la Commissione europea sia stata ben soddisfatta.