Doveva essere la "consacrazione" del modello economico della regione più efficiente. E invece…

Dopo le annunciate dimissioni del sindaco di Milano Giuliano Pisapia (e poi ritirate) sono arrivate quelle di Luigi Roth da commissario dei Padiglione Italia di Expo.

Il rischio, oggettivo e inconfutabile, è quello di veder crollare, con un effetto domino, pezzo dopo pezzo, tutti i punti fermi della complessa organizzazione dell’Expo 2015, dove politica, management e partecipazione civica dovrebbero lavorare insieme per il cosiddetto «bene comune».

Anche perché in ballo non c’è solo una eventuale figuraccia per una festa mal riuscita, ma la credibilità internazionale dell’Italia, la patria del buon cibo che tutti oggi decantano come leva economica importante per far ripartire il Paese.

Una contraddizione, appunto. Volendo risalire alle cause che hanno portato a questa fase di stallo, un primo appunto che mi sento di fare è sul fatto che, fin da subito, sia i potenziali vantaggi economici e d’immagine che le problematiche legate all’organizzazione, si sono incentrati troppo su un’unica regione, la Lombardia, quando invece – data la portata dell’evento e le ricadute sull’economia nazionale generate da esso – l’accento dovrebbe cadere su tutta l’Italia.

Letizia Moratti, all’epoca sindaco di Milano, avocò a sé tutti o quasi i meriti del successo della scelta votata nella sede del BIE (Bureaxinternationaldes Expositiorzs), quando in più occasioni il tandem Prodi-D’Alema dell’allora governo di centrosinistra appoggiò in maniera convinta il progetto.

Ecco, quello forse era il momento giusto per pensare a un sistema organizzativo allargato a più organi competenti. Invece, con la nomina ad amministratore delegato di EXPO 2015 di Lucio Stanca da parte dei governo Berlusconi e le sue successive dimissioni dopo le inevitabili critiche mosse dal presidente Bracco riguardanti la gestione manageriale in ardine alle spese, ai programmi e ai ritardi nell’organizzazione del progetto, si tornò punto e a capo.

Doveva essere la "consacrazione" del modello economico lombardo. E invece, ora che anche la Regione sta passando un momento non facile dopo la sbornia leghista, i problemi della provincia con Penati e lo scandalo sanità, ci si accorge di quante crepe ci siano in quella che sembrava la Regione più efficiente d’Italia. Condivido in pieno le tentate dimissioni di Pisapia quando, di fronte alla richiesta di una maggiore partecipazione del governo – ritenuto finora poco presente e trooppo lento a livello decisionale – al progetto EXPO MILANO 2015, si è sentito rispondere picche.

Come d’altronde l’esecutivo ha risposto anche alle richieste di extrabudget avanzate dal neodimissionario Commissario dei Padiglione Italia Luigi Roth, giudicando così, ancora una volta, più che ottimale il lavoro che l’ad di EXPO S.p.A, Giuseppe Sala sta svolgendo su tutto il sito.

UN OCCHIO ALL’EUROPA
Senza voler ignorare il momento difficile del nostro Paese, credo che le risorse per un evento con aspettative di ritorno dal turismo di 4,8 miliardi di euro si debbano dare, avvalendosi magari anche dell’aiuto dell’Europa, da sempre seriamente interessata ai problemi agricoli e alimentari.

Paolo De Castro, che fa un’ottima regia a Bruxelles sulle questioni agricole, si è sempre dichiarato disponibile a rilanciare l’idea di una Esposizione Universale in salsa europea, visto che per i prossimi 10 anni non ci saranno candidature europee. Un richiamo questo che arriva anche dalle sollecitazioni delle associazioni agricole la scorsa settimana all’assemblea del Pd.

In un’ottica di ulteriore valorizzazione dell’immagine del nostro Paese nel panorama internazionale, funzionale soprattutto all’apporto di un valore aggiunto, il "problema (ahimé) EXPO" non può e non deve essere ignorato, dal governo.