Nel confronto decennale tra i dati del sistema delle DOP e IGP italiane emergono due elementi particolarmente significativi: la crescita del numero di consorzi e il rinnovato rapporto con l’industria alimentare. Per quanto riguarda i consorzi tra i produttori DOP e IGP, questi tra il 2007 e il 2017 sono passati da 165 a 264 con una crescita del 60 per cento.

«Segno innanzitutto della sempre maggiore propensione ad organizzare le diverse filiere – spiega il direttore della Fondazione Qualivita, Mauro Rosati – presupposto imprescindibile per innescare un percorso di sviluppo. Senza dimenticare che l’organizzazione in forma consortile spesso è un presupposto imprescindibile per accedere alle varie forme di finanziamenti Ue dedicati alla promozione dei prodotti all’estero o ancora alle misure dei Piani di sviluppo rurale. Insomma chi fa da sé, almeno nel mondo del Food e Wine di qualità, non fa molta strada».

Ma un altro elemento chiave che emerge dai dati del Rapporto Ismea-Qualivita è il diverso rapporto dell’universo DOP e IGP con l’industria alimentare. «Quando furono varati i regolamenti 2081 e 2082 del 1992 istitutivi delle DOP e IGP — aggiunge Rosati — l’industria alimentare italiana quasi li osteggiava perché considerava questi prodotti come alternativi ai propri. Adesso non è più così. Da un lato molte aziende produttrici di prodotti DOP e IGP sono cresciute dimostrando di riuscire a conciliare la qualità artigianale con la scala produttiva industriale. Dall’altro molte industrie alimentari scommettono sempre più su DOP e IGP come ingredienti dei propri prodotti trasformati come dimostrato dalle 120 autorizzazioni rilasciate nel 2017 dal Gorgonzola DOP, dalle 365 della Nocciola del Piemonte IGP, alle oltre 1.100 dell’Aceto Balsamico di Modena IGP». •

 

Fonte: Il Sole 24 Ore

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