La decisione del via libera della Commissione europea alla coltivazione in Europa della patata Amflor e tre tipi di mais Ogni è stata come buttare una bomba atomica su una città: se ne capiranno gli effetti solo a cose fatte e nel tempo. Mi chiedo come la prenderanno i consumatori, vero anello debole di tutta la questione, e le centinaia di migliaia di imprese europee che in questi anni hanno investito e proiettato il loro business sul versante della qualità alimentare, incoraggiate dalle politiche europee che ora vanno in direzione opposta. Che sulle variazioni genetiche ancora la scienza non abbia le idee chiare è facile intuirlo; basta pensare ai pochi risultati raggiunti dallo studio dei tumori, effetto diretto del danneggiamento del patrimonio genetico delle cellule umane. Una cosa è certa: per tanti studi e studiosi favorevoli all’introduzione degli Ogni, altrettanti sono i contrari. La “patata della discordia” non è un semplice argomento su cui esprimere la propria opinione; è un fenomeno che rischia di dar vita a una trasformazione epocale di un mondo secolare, quello dell’agricoltura e del nostro cibo, portando con sé effetti nefasti a fronte dei possibili vantaggi. Se anche il popolo americano, che per primo nel 1984 ha introdotto gli Ogm, inizia a rendersi conto delle sue conseguenze e a indirizzarsi verso un altro modo di coltivare, questo deve far riflettere. Mi fa rabbrividire il fatto che la Chiesa si sia espressa in maniera favorevole, probabilmente senza rendersi conto di quanto l’accettazione di un sistema produttivo schiavo dei brevetti e non più compagno della natura, sia un danno per tutti, masoprattutto per i più poveri.

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