Almeno quando si parla di agroalimentare è il nostro Paese a stabilire il livello di spread in Europa: con 814 denominazioni – 254 agroalimentari, 521 vitivinicole e 39 spirits – manteniamo saldo il primato della qualità, con quasi un prodotto su quattro riconosciuto dall’Ue che è made in ltaly. Numeri che confermarlo la straordinaria varietà di un patrimonio che, alla produzione, vale 12 miliardi di erro. A fornire la fotografia del comparto è l’Atlante Qualivita Food&Wine 2013, realizzato dall’omonima Fondazione, quest’anno disponibile anche in inglese e in e-book. La pubblicazione, oltre a schede descrittive dei prodotti, offre una sezione dedicata al biologico, che prosegue a grandi falcate la sua marcia, superando i 3 miliardi di curo di fatturato. Insomma, nonostante la crisi, il settore agroalimentare sembrerebbe essere ancora capace di regalarci importanti soddisfazioni. Eppure, emergono non poche contraddizioni. «Questo straordinario patrimonio – ha detto Riccardo Ricci Curbastro, presidente di Federdoc – assomiglia molto a quello artistico-culturale. Viene purtroppo trascurato, perché siamo poco organizzati: occorrerebbe razionalizzare le denominazioni, raggruppandole per aree territoriali, in modo da rendere più semplice la promozione all’estero». Insomma il loro valore va spiegato a consumatori neofiti, come cinesi, indiani, russi o americani, che spesso, oltre a pizza e spaghetti, conoscono ben poco della tavola italiana. Meglio essere più semplici ed efficaci, anche perché il 97% del fatturato viene fatto da poco più di 20 denominazioni. Il sovraffollamento non riguarda poi solo i prodotti, ma anche gli organismi di certificazione: «in Europa – ha ricordato Mauro Rosati, autore del rapporto – ne sono catalogati 441, ai quali vanno aggiunti quelli nazionali. Tutto ciò rischia di creare confusione», La prima risposta è arrivata dal presidente della Comagri, Paolo De Castro, che ha garantito il proprio impegno, in sede Ue, a offrire nuovi strumenti commerciali per l’internazionalizzazione. Anche perché il mercato interno continua ad assottigliarsi. La nostra sfida più grande – ha concluso il ministro Nunzia De Girolamo – è esportare la qualità. Ma dobbiamo tutelarci dall’arroganza dei paesi che si rifiutano di competere in maniera trasparente».