C’è un solo sgabello disponibile davanti all’Ape Romeo. Uno sgabello ed un piccolo tavolino. Più che una proposta destinata al relax del cliente, la prima sensazione è che si tratti di un’installazione artistica. D’altronde l’apino in questione è stato trasformato in un’opera di design applicata ad un mezzo che ha fatto la storia dell’Italia. E che sembra intenzionato a scriverne un altro capitolo.

 

Le strade di Roma sono invase da questo nuovo concept. C’è chi offre di organizzare feste di compleanno davanti al Colosseo. Si tratta semplicemente di prenotare il servizio e il party con gli amici sarà indimenticabile. C’è chi ha battezzato il proprio business con il nome di una specialità tipica della capitale come “Pizza e Mortazza”. Ed il successo è stato immediato.

 

E’ la nuova frontiera di una tradizione che affonda le radici nel Dna di quell’Italia che da sempre rappresenta un punto di riferimento per la cucina internazionale.

 

Un patrimonio straordinario che abbraccia venti regioni, ognuna con la sua storia e con le proprie ricette. Adesso si è aggiunta l’originalità delle idee di molti imprenditori-chef che hanno deciso di scendere in strada per avvicinarsi ai clienti, o meglio, agli amici.

 

E’ questa la nuova tendenza del “mangiare italiano”. E’ il cibo di strada, o street food per rimanere incollati al trend, che sta trasformando la proposta gastronomica tricolore mantenendo saldo quel legame con le eccellenze espresse dalle materie prime del Paese.

 

Perché il concetto di cibo di strada non stride con quello di qualità. Sono sempre più numerosi i casi di chef stellati che si divertono a proporre in strada, attraverso il bancone di un apino restaurato che stuzzica l’interesse degli occhi oltre a quello del palato, le ricette delle proprie cucine, rivisitando l’offerta. Del resto lo street food si mangia in piedi, e questo consente di socializzare con il vicino che attende il proprio turno, magari scambiando due parole con lo chef. Tutto questo succede in un ristorante? Non sempre.

 

Ecco il segreto della straordinaria popolarità intercettata da un nuovo settore che riesce a combinare il facile accesso alla qualità dei prodotti.

 

Le strade italiane, soprattutto quelle più interne, legate a scenari mozzafiato, sono sempre state caratterizzate dalla presenza di chioschi e piccoli furgoni, mete fisse dei viaggiatori, tappe obbligate per gustare i sapori del territorio. Una sosta intellettuale oltre che gastronomica, dove il tempo si perde nei racconti di vita, negli aneddoti più divertenti.

 

Quelle strade sono divenute adesso le grandi vie delle città. Da Milano a Firenze, da Roma a Napoli, l’offerta è sempre maggiore e sembra non riuscire a soddisfare una domanda che sta crescendo in modo esponenziale.

 

Negli Stati Uniti sono dei veri e propri “truck”, in Italia, oltre agli apini, fanno tendenza i vecchi furgoncini Volkswagen oppure le piccole roulotte rivisitate e trasformate in cucine.

 

Ma ovviamente il nuovo trend gastronomico italiano non è legato soltanto alla mobilità. E’ difficile poter stimare il numero dei locali che propongono cibo di strada. Forse 5000? Probabilmente molti di più. Locali ormai profondamente radicati nel tessuto sociale delle grandi metropoli come in quello dei piccoli paesi. Attraverso di essi è stata tramandata la tradizione culinaria italiana, con un’attenzione particolare alla qualità delle materie prime utilizzate, spesso prodotte nell’orto dietro casa, o consegnate direttamente dal contadino di fiducia.

 

Cucina povera che viene riscoperta ciclicamente. Come il Lampredotto di Firenze, meta continua di turisti giapponesi. Anche loro se ne sono accorti e se fino a qualche anno fa prenotavano un ristorante vicino agli Uffizi, adesso chiedono espressamente di fermare il bus davanti ad un chiosco dove assaggiare il famoso panino fiorentino.

 

L’Arancina di Palermo – attenzione, quella “femmina” più o meno sferica, perché la versione maschile, a forma di cono, è tipica della zona di Catania – è divenuta ormai una specialità che può essere gustata in molte zone d’Italia e viene presentata con continue variazioni sul tema, inserendo nuovi ingredienti nella ricetta.

 

Da pochi giorni la Piadina Romagnola può fregiarsi del riconoscimento “Igp”. Ultimo passo per arrivare al bollino comunitario di questo piatto simbolo della riviera adriatica che diventerà il numero 40 delle specialità della regione Emilia Romagna tutelate dall’Ue.

 

La Pizza? Beh, inutile approfondire. E’ forse l’alimento più consumato in Italia da chi si trova a non aver tempo sufficiente per il pasto convenzionale. O magari è semplicemente un goloso di questo prodotto di fama mondiale.

 

Sono soltanto alcuni degli esempi di quanto il cibo di strada sia rappresentante non solo della cucina, ma anche della tradizione italiana. E dell’innovazione. Perché il popolo dello street food è estremamente social, ha cambiato i connotati della pubblicità che adesso è indotta dalla qualità del prodotto offerto. Dopodiché sono i clienti a condividere indirizzi e ricette, trasformandosi in veri e propri promoter del locale preferito, quello con il quale il rapporto è di amicizia piuttosto che clientelare.

 

Negli ultimi anni, insomma, i modelli si sono trasformati, le idee e la creatività si sono fuse con la storia e le abitudini. Passeggiando per Roma, come in tante altre località italiane, è inevitabile essere attratti dalla voglia di fermarsi ad assaggiare una specialità tipica, una ricetta innovativa, un panino gustoso. Anche se c’è un solo sgabello a disposizione. Del resto, il cibo di strada si mangia in piedi.