Anche l’organismo europeo ha dubbi sulle proposte legislative sul settore agroalimentare
La Corte dei Conti europea si è pronunciata sulle proposte della Commissione per la riforma della politica agricola comune esprimendo perplessità circa le misure legislative che verranno adottate per il settore agroalimentare a partire dal 2014.
La Corte, che ha il compito di riferire in merito all’uso dei fondi pubblici europei, pur apprezzando gli sforzi della Commissione per semplificare il quadro normativo della Pac, ha giudicato quest’ultimo ancora troppo complesso e causa di una difficile gestione di tale politica da parte di organismi pagatori e beneficiari. Ritiene inoltre che non vengano ben delineati gli obiettivi e i risultati attesi sia perla parte relativa ai «pagamenti diretti» sia in materia di condizionalità. Dubbi vengono espressi anche in merito all’espressione «agricoltori in attività», ai quali dovrebbero essere destinate risorse, di cui non viene fornita una definizione adeguata; il rischio per la Corte è che i finanziamenti possano andare a beneficiari che non esercitano alcuna attività agricola.
La Corte presenterà il parere al Parlamento europeo alla fine di aprile. Intanto alcuni membri della Commissione agricoltura hanno già espresso delle dichiarazioni sul documento. Il presidente della commissione, l’On. Paolo De Castro, ha affermato: «Le critiche della Commissione Agri sulle proposte di riforma della Pac trovano conferma in questo parere in cui si parla, ad esempio, di rischi di complessità che comporterebbe l’applicazione della definizione di "agricoltore attivo" proposta dall’esecutivo, della mancanza di semplificazione e, in generale, della scarsa ambizione della proposta sia sul versante ambientale, sia su quello economico». Stesse considerazioni anche nelle parole dell’On. Dorfamann che condivide le preoccupazioni espresse dalla Corte e ribadisce che un sistema così articolato, con tali carichi burocratici, rischia di essere particolarmente oneroso per i piccoli agricoltori. Per l’On. Scottà «uno dei temi più discussi riguarda la mancanza di obiettivi concreti specifici per quanto riguarda lo Sviluppo Rurale».
Sembra strano che ancora oggi si possano produrre normative così complesse. Alla politica è stata richiesta da più parti, ma soprattutto dal settore agricolo, una semplificazione della legislazione. Tali richieste vengono puntualmente disattese. Il fatto che la «condanna» sulla nuova Pac, venga proprio da un organo burocratico, come la Corte dei Conti europea da spunto ad un nuova riflessione.

Se la tassa sul junk food ingrassa lo Stato
ITALIA – Tassando il «junk food» ingrassano le casse dello Stato. L’ipotesi di imposta sui cibi ritenuti non sani, riproposta dal Ministero della Salute per contrastare l’obesità infantile, divide il mondo dell’agroalimentare. La proposta sembra infatti puntare più a «ingrassare» le casse dello Stato – con 270 milioni di euro – che non interessarsi realmente alla salute dei cittadini; anche se questi ricavati dovrebbero essere destinati a modernizzare le strutture sanitarie e a finanziare nuove iniziative per promuovere l’educazione alla salute.

La Qantas vola con l’olio da frittura
ITALIA – «Non si frigge con l’acqua ma si può volare con l’olio da frittura». Lo ha dimostrato la compagnia aerea australiana Qantas che ha cambiato rotta sui carburanti reinventandosi il pieno. Metà carburante, metà olio da frittura Cosi l’Airbus A330 che la scorsa settimana ha copertola rotta da Sydney alla volta di Adelaide, ha dimostrato che cambiare si può. A far girare i motori di un normale volo commerciale, c’era una miscela metà carburante per jet e metà olio da frittura riciclato: la compagnia non considera sperimentale, ma strutturale.

Quando il buono pasto diventa solidale

ITALIA – In Italia sono i francesi che dominano la ristorazione e nel vasto settore dei buoni pasto d è solo un’azienda tra le prime cinque. L’unica impresa che rimane a difendere il nome italiano è la genovese QUI! Group che ha circa 900 dipendenti sparsi fra Genova e lealtrefiliali italiane e120 mila esercizi pubblici affiliati. La sola azienda italiana rimasta ai vertici del settore eccelle anche in solidarietà. Infatti ha trasformato il buono pasto in Pasto Buono, grazie alla sua Fondazione che recupera a fini solidali, le eccedenze sane della ristorazione.

Il prosciutto di Parma DOP fa volare l’export made in Italy
Una valida strategia di contenimento della produzione e campagne pubblicitarie mirate, fanno volare l’export del prosciutto di Parma, raggiungendo quei mercati che rappresentano ormai, una parte considerevole per il business del comparto. Il Consorzio del prosciutto di Parma Dop nel 2011 ha infatti scelto di contenere l’eccesso di offerta di prodotto sul mercato interno, aumentando il prezzo del Prosciutto di Parma da produttore a distributore per il recupero della marginalità delle aziende del comparto. A premiare le scelte del consorzio i dati che segnano un positivo 10,6% sulle vendite di prosciutto di Parma Dop affettato e una crescita del 4% nelle esportazioni per un giro di affari complessivo che si traduce in 1,5 miliardi di curo, portando la percentuale complessiva di export di questo prodotto a 25,6%. Secondo Giancarlo Tanara, presidente del Consorzio Prosciutto di Parma Dop, per ottenere queste performances in tempo di crisi, è stato determinante poter contare su una domanda ormai consolidata e su una differenziazione di mercati e di canali distributivi ben strutturata. Usa, Centro e Sud America, Australia, ma anche Asia, Indonesia, e Giappone, i mercati di riferimento dell’export, che ha scelto di investire sulla qualità per garantire ai consumatori un prodotto sicuro, buono e naturale.