Giornalista, food writer e conduttore televisivo, Mauro Rosati è uno dei personaggi più noti nel panorama agroalimentare italiano. Nel 2002 lancia l’idea di una Fondazione che si occupi di tutela e valorizzazione dei prodotti a denominazione di origine. Dapprima coinvolge le istituzioni locali, Provincia, Comune e Camera di Commercio di Siena, che sostengono fortemente la sua iniziativa. Bastano pochi anni affinché la Fondazione Qualivita diventi un punto di riferimento internazionale nel settore dell’agroalimentare di qualità.

A Rosati, che attualmente ricopre l’incarico di Direttore della Fondazione, va ascritto l’indiscutibile merito di aver inventato nuovi paradigmi comunicativi, fino allora inesplorati nel mondo dell’agricoltura. Nel frattempo cura numerosi progetti editoriali sui prodotti agroalimentari DOP IGP italiani ed europei come l’Atlante Qualivita, Qualigeo Atlas, il Rapporto annuale socio-economico e le Guide Qualivita.

 

In qualità di esperto di politiche agricole e agroalimentari, si occupa di rubriche periodiche su stampa e televisione nazionale, vincendo nel 2012 il premio “Bandiera Verde Agricoltura promosso dalla Confederazione italiana agricoltori. Collabora da anni con la trasmissione Rai “Linea Verde” ed ha al suo attivo anche l’esperienza di autore e conduttore della fortunata trasmissione Mediaset “Street Food Heroes”.

Nel 2013, al programma televisivo, segue la sua pubblicazione per Gribaudo – Feltrinelli, della “Guida al miglior cibo di strada italiano“, (N.d.A. occasione in cui abbiamo avuto modo di conoscere l’autore segnalando alcune eccellenti realtà marchigiane del settore). L’anno successivo Rosati lancia il portale web cibodistrada.it, il primo verticale dedicato allo street food italiano, che diventa ben presto il punto di riferimento sul fenomeno, grazie a migliaia schede di recensioni dei locali e al costante aggiornamento informativo. Nello stesso anno Mauro Rosati viene nominato dal Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, Consigliere per le politiche di valorizzazione e tutela dei prodotti agroalimentari e per le politiche digitali per la tutela del Made in Italy agroalimentare, incarico che ricopre a tutt’oggi.

 

-Ci siamo interfacciati qualche anno fa, durante la redazione della prima guida allo street food. Da allora il fenomeno sembra aver conosciuto una fortuna crescente, grazie anche alle numerose manifestazioni dedicate che si susseguono nelle varie città italiane. Qual è lo stato dell’arte del cibo di strada italiano?

 

Quello dello street food è ormai un settore strutturato. Potremmo definirlo un corpo a parte rispetto alla ristorazione in Italia. Fino a pochissimi anni fa ci si trovava di fronte a piccole attività artigianali, spesso non del tutto conformi alle normative, circoscritte in alcune città come Napoli, Palermo, Firenze. Delle vere e proprie enclave di cibo di strada. Nel giro di poco più di cinque anni, complice anche la crisi economica, la ristorazione informale ha conosciuto una grande fortuna e oggi ha, per così dire, una marcia in più. I fattori che più ne hanno decretato il successo sono la grande capacità di socializzazione e il legame profondo con il territorio. In un periodo in cui la ristorazione nelle grandi città tende all’omologazione, quella del cibo di strada è un’esperienza territoriale e identitaria. Un grande contributo è stato quello dei giovani che si sono avvicinati a queste attività apportando originalità, innovazione e una comunicazione efficace. Dai baracchini agli angoli delle strade c’è stata un’elaborazione del servizio in chiave qualitativa. Dal Wi-fi al packaging creativo, fino a una grande attenzione alle materie prime. Sono questi gli ingredienti chiave del successo dello street food italiano, che può finalmente vantare numeri di tutto rispetto.

 

-Negli ultimi anni assistiamo con frequenza crescente al fenomeno dell’Italian Sounding, una vera e propria truffa nei confronti dei consumatori e che interessa in particolare il settore enogastronomico. Sempre più spesso prodotti stranieri si fregiano di denominazioni, marchi e segni distintivi riconducibili al nostro paese, per promuovere prodotti di discutibile qualità, spacciati per eccellenze italiane. Come si pone Qualivita nei confronti di queste contraffazioni?

 

L’unica arma che abbiamo a disposizione è la corretta informazione. Bisogna comunicare la distintività delle eccellenze italiane. Le aziende non hanno strumenti migliori che far conoscere ai consumatori la qualità dei loro prodotti. In questo senso un grande lavoro svolgono i Consorzi di Tutela. Spesso il modo migliore per far percepire la grande differenza tra i prodotti italiani e gli altri è farla provare direttamente nel piatto. Però occorre una guida alla scoperta del gusto degli alimenti sani e di qualità. Se un americano, il cui palato non è abituato a certi sapori, assaggia un’insalata condita con un olio Dop prodotto con olive appena raccolte e frante, magari percepisce i sentori dei polifenoli come un difetto. C’è bisogno comunicatori qualificati, come ad esempio chef e sommelier, che siano in grado di accompagnare i consumatori in un percorso di conoscenza della qualità. È un lavoro duro ma necessario.

 

-Quello dell’agricoltura italiana è un settore difficile che molto ha risentito della globalizzazione e della crisi che ha colpito l’economia. Ciò nonostante si assiste al ritorno “sul campo” di molti giovani, preparati e dalle idee innovative. Quale futuro vede per il made in Italy in questo segmento di mercato?

 

I Giovani stanno cercando di tornare all’agricoltura ma occorreranno ancora degli anni prima che si riescano a ottenere numeri veri. Il processo di sdoganamento del settore agroalimentare è già cominciato da tempo e si assiste a un’interessante inversione di tendenza delle nuove generazioni verso il lavoro agricolo, cui si è ridata la dignità che merita. Per fortuna i giovani hanno un approccio diverso nei confronti di questo settore e sono in grado di fare rete. Fino a qualche anno fa era impensabile per un coltivatore ragionare in termini di sistema. Oggi è il requisito indispensabile per competere sui mercati internazionali. Un altro dato positivo è che i giovani si sono finalmente svincolati dalla contribuzione pubblica e hanno una mentalità imprenditoriale. Se credono in un progetto lo portano in fondo indipendentemente dai contributi dello stato o delle regioni. Il trend è positivo ed entro qualche anno, prevedibilmente, sarà superato il problema della successione nel mondo agricolo.

 

-In un suo articolo ha dichiarato che l’eccesso d’informazione nel mondo del food che si è registrato negli ultimi anni rischia di disorientare i consumatori e di penalizzare le imprese del settore. Qual è il modo corretto di comunicare il cibo, ai tempi della foodmania e dei social media?

 

In tempi di globalizzazione viviamo sempre più immersi nel web, i cui veri protagonisti sono il sesso e il cibo. In particolare, nel caso del food si assiste a una produzione di contenuti spesso incontrollata e inflazionata. I social network, in cui tutti dispensano verità o consigli miracolosi, alimentano questo sistema fatto d’informazioni superficiali e fuorvianti. In Italia si contano circa 30.000 food blogger, 130 testate specializzate e oltre 70 trasmissioni dedicate all’enogastronomia. Siamo circondati da una mole enorme di notizie che finiscono per disorientare il consumatore. L’olio di palma fa bene o male? il tema dell’alimentazione è così complesso che deve essere affrontato in termini di educazione fin dall’infanzia. Non si tratta di disquisire di enogastronomia elitaria, ma di fornire ai giovani le basi elementari, attraverso una formazione scolastica efficace, per crearsi una propria cultura del cibo. Un vocabolario, o meglio una bussola con cui orientarsi tra le innumerevoli informazioni con cui vengono in contatto, in particolare attraverso il web.

 

-Abbiamo imparato a conoscerla come un’anima inquieta e in continuo e “tumultuoso” fermento. Quali sono i progetti per il futuro di Mauro Rosati?

 

Mi piace sperimentare e guardare oltre. Con la Fondazione Qualivita ho cominciato quindici anni fa a occuparmi del settore agroalimentare di qualità, quando ancora si parlava pochissimo di produzioni DOP e IGP. Sei anni fa mi sono affacciato sul mondo dello street food italiano, che poi si è evoluto in modo efficace. Ora m’impegno come coordinatore di Linea Verde a raccontare la buona agricoltura italiana senza eccessi e senza spettacolarizzazioni. La mia “missione”, oggi è quella di comunicare il cibo come stile di vita di qualità. Far conoscere il mondo agricolo significa sensibilizzare le persone a un maggior rispetto dell’ambiente e verso chi lavora.

FONTE: GHERARDI srl