Una recente ricerca Nomisma, su dati Eurostat e Istat, indica che la filiera agroalimentare italiana pur valendo 119 mld di giuro e rappresentando, con l’indotto, il 14 % del Pil italiano dimostra ancora una scarsa efficienza e una bassa competitività. Le cause dei problemi sono molte e, molto spesso, note. Si va dall’alta atomizzazione dell’offerta produttiva fino alla dipendenza strutturale dall’estero di produzioni agrolimentari. Tra queste caratteristiche ce n’è anche una che rimane solitamente più nascosta, ma che rappresenta una questione strettamente legata alle produzioni made in Italy: gli affari della criminalità organizzata nel settore agroalimentare.

 

I numeri non mentono. L’agroalimentare fa sempre più gola alle organizzazioni criminali. Se nel 2012 il business derivante questi affari, secondo le stime fatte della Cia, era sui 2 miliardi di euro, nei primi mesi di quest’anno i sequestri effettuati ai danni di società legate alla criminalità organizzata hanno raggiunto quasi il miliardo di euro. Un’escalation, che nonostante la crisi, appare inarrestabile se si pensa che in un Paese in recessione, nel 2013, secondo il rapporto Agromafie Coldiretti/Eurispes, il volume d’affari complessivo è cresciuto del 12% rispetto a due anni prima. Fenomeno che richiede provvedimenti immediati. Un buon inizio è l’iniziativa varata in settimana proprio dalla Coldiretti, che ha istituito la Fondazione “Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare”, affidando la presidenza del Comitato Scientifico a Giancarlo Caselli.

 

Un altro punto da cui ripartire sono gli esempi virtuosi che in qualche modo mostrano come combattere efficacemente gli interessi criminali. Uno di questi è senza dubbio Libera Terra, costola dell’associazione “Libera” nata nel 2001 nel palermitano. L’obiettivo è quello di valorizzare zone tanto belle quanto difficili, partendo dal recupero sociale e produttivo dei beni liberati dalle mafie per ottenere prodotti di alta qualità . In questo processo, svolgendo un ruolo attivo nel territorio, si cerca di coinvolgere i produttori che condividono gli stessi valori. Il modello di sviluppo scelto prevede la creazione di aziende cooperative autonome e autosufficienti che riescano a creare posti di lavoro e indotto positivo all’interno di un sistema economico virtuoso, basato sulla legalità, sulla giustizia sociale e sul mercato.

Per diffondere questo cammino virtuoso potrebbero essere individuati compiti specifici anche per organizzazioni e istituzioni pubbliche. Le organizzazioni di settore, in particolare le associazioni di categoria, potrebbero ritagliarsi il ruolo di promuovere nei territori le aziende che hanno dimostrato la volontà di combattere la dura battaglia per affermare la legalità. Sostenere lo sviluppo di queste aziende su mercati fortemente competitivi può significare dare un supporto fondamentale alla costruzione di modelli in grado di resistere in territori caratterizzati da una forte presenza mafiosa.

 

Le istituzioni pubbliche dovrebbero invece assumersi con maggiore efficacia il doppio ruolo di sostegno di queste realtà e di vigilanza nei territori. Da una parte supportando con strumenti adeguati la nascita e lo sviluppo delle aziende soprattutto quelle caratterizzate da una forte presenza giovanile. In primis riuscendo a dotarsi di procedure efficaci e sicure per il reimpiego dei capitali sottratti alla organizzazioni criminali. È con questo tipo di azioni politiche che si formano imprenditori capaci di credere nella possibilità di cambiamento del Paese, volenterosi di impegnarsi nel diffondere e nel portare avanti i valori e i principi di legalità.

 

Dall’altra parte è necessario perseguire con decisione le zone grigie in cui si annidano le organizzazioni criminali. Penso per esempio allo sfruttamento della manodopera, specialmente quella immigrata, che tanta ricchezza fornisce alle cosche. Il pesante lavoro svolto dalle forze dell’ordine per presidiare e controllare i territori ha un naturale bisogno di trovare continuamente nuova linfa e nuova spinta che deve provenire anche da una volontà politica.

 

Citando dalla “Carta dei valori guida della cooperazione”, nel nostro Paese, in questo momento storico, la costruzione di una solida struttura morale, rappresenterebbe «un vantaggio competitivo, perché in grado di determinare i capisaldi all’interno dei quali gli scambi si realizzano più agevolmente. La possibilità di attrarre gli altri uomini con una visione sociale diverrebbe un potente punto di forza».