Desta stupore nell’opinione pubblica il viaggio attraverso le comunità rurali americane intrapreso da Mark Zuckerberg, con l’obiettivo, da lui stesso dichiarato, di "capire la vita reale". Che in questi ultimi anni si sia vissuto troppo su un piano virtuale, cercando sempre più di allontanarsi per mezzo dei social dalla vita di tutti i giorni, è un dato di fatto che riguarda larga parte della popolazione mondiale. Il viaggio di Mr. Facebook sembra esserne un’ulteriore conferma.

 

L’agricoltura, oggi più che mai chiamata in causa a fornire soluzioni al tema del food e dell’ambiente, viene presa a modello anche per dare un senso allo stare insieme e all’essere collettività nell’era digitale. Un segnale importante che va letto molto bene e che deve rappresentare un’occasione per riconnettersi adeguatamente alla terra, alla famiglia e alla comunità allargata del nostro vivere.

 

Il rischio della mitizzazione dell’agricoltura e di una sua distorsione è sempre forte; basti pensare a quello che è successo con il food negli ultimi anni: fra trasmissioni tv, social e video ricette abbiamo spettacolarizzato il cibo facendo perdere le tracce della sua vera essenza, del suo significato. Un distacco netto dalla sua vera natura, dal suo ciclo di produzione, dal suo corretto utilizzo.

 

Contro il pericolo della spettacolarizzazione dell’agricoltura e del mito del contadino ci piace ricordare che la terra è fatica, lavoro e costanza. Ben vengano le tecnologie che promuovono e facilitano il lavoro agricolo, ben venga l’attenzione dei nuovi media perché portano cultura, ma attenzione alle scorciatoie digitali.

 

Tutto questo sicuramente può facilitare la riconnessione fra tessuto urbano e agricolo (fra cittadini e contadini): una priorità che serve a creare nuovi equilibri sociali ed economici, a patto che si eviti il rischio di banalizzazione con cui oggi si cerca di descrivere il mondo rurale.

 

Fonte: Huffington Post