In 30 anni la superficie agricola si è ridotta di 5 milioni di ettari li progetto del ministro Catania

Nel momento in cui Paesi come Cina e Arabia Saudita sono impegnati in una vera e propria corsa alla terra, cercando di accaparrarsi terreni agricoli in tutto il mondo, e non sempre con un fare eticamente e politicamente corretto, soprattutto nei territori africani, l’Italia rinuncia in maniera sempre maggiore a parte del suo, naturalmente vasto, patrimonio di suoli fertili. Una ricchezza che non è confinata al solo campo agricolo, ma che si estende a quello paesaggistico, storico e culturale, che caratterizzano il nostro Paese e che sono alla base di importanti attività economiche, prima fra tutte quella turistica.

Secondo quanto illustrato dallo studio condotto da Istat, Ispra e Inea per il ministero dell’Agricoltura, dal titolo «Costruiamo il futuro: difendere l’agricoltura dalla cementificazione», tra il 1971 e il 2010 la superficie agricola coltivabile si è ridotta del 28%, cioè 5 milioni di ettari pari a all’insieme di regioni come Lombardia, Emila-Romagna e Liguria.
Dati che fanno dell Italia il terzo Paese dell’Unione europea e il quinto a livello mondiale per deficit di suolo agricolo che ammonta quasi a 49 milioni di ettari.
Per coprire i consumi della propria popolazione in termini di cibo, fibre tessili e biocarburanti l’Italia avrebbe bisogno di 61 milioni di ettari di Sau mentre quella attuale supera appena i 12 milioni di ettari.
Un fenomeno dunque allarmante, che se da un parte è caratterizzato dall’abbandono delle terre da parte di agricoltori che non considerano più remunerativo il proprio lavoro, dall’altra su di esso incide in maniera altrettanto rilevante la massiccia attività di cementificazione; basti pensare che ogni giorno si cementificano 100 ettari di suolo. Tra i due aspetti, è sicuramente quest’ultimo a destare maggiori preoccupazioni dal momento che si tratta di un processo irreversibile e con conseguenze negative maggiori, soprattutto per l’ambiente. Questo fenomeno interessa i nostri terreni migliori, come le pianure, e ha causato un abbattimento della produzione agricola, con effetti nefasti anche sul volto del Paese. Tutto ciò risulta ancora più grave se si pensa che alla diminuzione di suolo agricolo corrisponde una maggiore dipendenza alimentare e il nostro livello di autoapprovvigionamento è già molto basso, con il 20% dei consumi nazionali coperto dalle importazioni, come ha detto il ministro Catania.
Questo fenomeno è più accentuato nelle aree agricole di prossimità urbana, che sono sottoposte a pressioni eccezionali che ne limitano l’utilizzo. In realtà la loro vicinanza alla città potrebbe offrire importanti opportunità alle aziende visto il progressivo allargamento della vendita diretta e quello dei mercati rionali.
Lo studio ha dato lo spunto al ministro per farsi promotore di una vera e propria battaglia fondamentale per l’intero Paese. Una battaglia ancora più importante se pensiamo alla fase di crisi che stiamo vivendo, dalla quale possiamo uscire puntando su un nuovo modello di sviluppo che si basi sulla qualità e sulla creatività che da sempre caratterizzano il meglio delle nostre produzioni, non solo in ambito agricolo.
Sottolineando quanto sia fondamentale quindi cambiare la rotta e dettare nuove regole, Catania ha presentato la bozza del disegno di legge, da lui redatta, per la valorizzazione delle aree agricole e il contenimento del consumo del suolo.
Un testo che ha l’obiettivo di fornire risposte concrete al problema, con delle misure che possano essere efficaci già nel breve periodo. Tra i provvedimenti inseriti nel documenti, emerge, per importanza e audacia, l’interruzione di quel circolo vizioso in base a cui i Comuni autorizzano la conversione di terreni agricoli in terreni edificabili, incentivando quindi la costruzione edilizia sul proprio territorio, ed utilizzando le risorse ricavate da questa urbanizzazione per le spese correnti. L’intento del ministro è infatti quello di abolire, per i Comuni, l’utilizzo di quegli oneri derivanti dalla cementificazione. L’insieme delle misure contenute nel decreto verranno presentate a settembre al Consiglio dei ministri, in attesa anche che si pronunci anche l’Anci.