Ma quali sono le idee sulla “food policy” e sull’agricoltura dei candidati Renzi e Bersani?

 

Le elezioni si avvicinano. E che siano le primarie del Pd a decidere chi sarà il nuovo candidato della sinistra che parteciperà alla competizione elettorale per guidare il nuovo governo italiano, o quelle che sceglieranno il nuovo Presidente degli Stati Uniti, a dominare la scena sono, oltre alle polemiche delle ostriche alla romana (vi assicuro non sono prodotti tipici) le idee. Che in questo periodo sembrano fiorire con maggior vigore in ogni candidato.

 

Ma cosa esprimono queste idee? Dando un’occhiata ai programmi politico-elettorali dei due protagonisti del centro sinistra italiano, emerge come non vi sia una grossa attenzione nei confronti dell’agricoltura. Forse sarà perché gli specialisti del marketing elettorale classificano come vecchia la parola agricoltura e non performante mediaticamente parlando? Può darsi. Per le imprese di settore, e non solo, la cosa desta qualche preoccupazione; candidarsi a guidare un Paese che vive anche di questa attività e che ora attraversa un momento di crisi, significa non considerare con la giusta attenzione una delle realtà produttive più consistenti. Il tema agricolo certe volte viene affrontato sotto il tag made in Italy perché è un argomento che accomuna, unisce e ci rende orgogliosi. Basti pensare come in questi ultimi anni il nostro Paese si sia diviso su tutto: sulla Costituzione, sulla festa dell’ Unità d’Italia, mentre su un solo argomento ci sentiamo tutti italiani dopo la nazionale di calcio il cibo e la cucina. Le mozzarelle di bufala a New York sono italiane non campane! E tutti ne siamo fieri. Il made in Italy perciò rimane un tema centrale della campagna elettorale e non solo per le imprese alimentari, ma anche per tutti i settori di eccellenza come la moda, la meccanica di precisione, il tessile ecc. È chiaro per tutti che il futuro imprenditoriale italiano si giocherà molto sul versante dell export e qui l’agroalimentare fa la sua parte da leone con ampi spazi di crescita Ognuno sembra proporre il cambiamento. Ma come è possibile cambiare senza tener presente un elemento che è trasversale a molteplici altre questioni economia in primis, occupazione, ambiente, sfide climatiche, innovazione?

 

Viviamo in un momento in cui basta aprire un qualsiasi giornale e leggere quotidianamente l’aumento dei prezzi delle materie prime a livello internazionale o i danni causati all agricoltura dagli effetti nefasti del cambiamento climatico. Nel programma di Bersani l’agricoltura fa la sua comparsa solo quando parla si sviluppo sostenibile, affermando che il settore agricolo, insieme a quello industriale e dei servizi devono essere indirizzati verso l’investimento, la ricerca, l’innovazione. Matteo Renzi, che sta impostando la propria campagna sull’immediatezza con cui devono essere affrontate le diverse questioni che riguardano il Paese, accenna all’agribusinness ed alla tutela delle produzioni tipiche. Argomenti che meritano magari qualche approfondimento in più anche perché dall’altra parte dell oceano la food policy è uno dei temi più importanti messi sul tavolo dello scontro elettorale in cui si confrontano Barack Obama e Romney.

 

Il Pd come forza di governo ed anche di opposizione, ha sempre fornito contributi importanti sul tema agricolo. Ha sempre avuto il merito di non considerarlo un argomento secondario, impegnando attivamente molti dirigenti di primo piano. E sono sicuro che lo farà anche in questa occasione. Ora è la volta di sentire cosa pensano i leader su argomenti come il nuovo equilibrio fra la città e la campagna, il delicato rapporto fra necessità di produrre derrate alimentari e la sostenibilità ambientale e sugli Ogm. Temi che non potranno essere esclusi dall’agenda di un premier che vuole portare l’Italia al centro della discussione politica internazionale con proposte e soprattutto idee chiare anche in merito all’agricoltura. Dai Matteo, dai Pierluigi… dite qualcosa di agricoltura!