L’Articolo – Il tempo della dolce vita è finito anche per i prodotti Dop e Igp. La crisi infatti sta mordendo questa nicchia e dunque è tempo di ridefinire l’identità dei marchi blasonati e studiare nuove strategie per rilanciare l’approccio al mercato. Queste le indicazioni emerse ieri nel corso della presentazione del Rapporto 2010 della Fondazione Qualivita (l’organizzazione che monitora i prodotti alimentari Dop e Igp voluta da regione Toscana e provincia di Siena e sostenuta dal Monte dei Paschi e dal ministero per le Politiche agricole) per garantire uno sviluppo al settore.

I marchi Dop e Igp vengono da un anno di transizione, il fatturato alla produzione è in lieve calo (-2%) come anche le quantità certificate (-1,8%). Per questo, per il futuro, sarà decisivo il rilancio dell’export rimasto ancorato a una quota di appena il 12% del giro d’affari.

 

«I dati dell’Osservatorio evidenziano la necessità di avere strumenti che rafforzino il ruolo dei consorzi di tutela – ha detto ieri il presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento Ue e della Fondazione Qualivita, Paolo De Castro -. In questa ottica ci aspettiamo novità legislative dal Pacchetto qualità che sarà presentato l’8 dicembre dal Commissario Ue all’Agricoltura Dacian Ciolos, che possano rilanciare l’intero sistema dei prodotti di qualità».

L’universo Dop e Igp soffre di una sorta di schizofrenia. Da un lato la corsa alle nuove denominazioni dall’altro la difficoltà ad affermarsi sul mercato. Nonostante l’allargamento delle certificazioni a nuovi settori (come le piante ornamentali in Belgio) o a nuovi paesi (pochi giorni fa ha ottenuto il riconoscimento anche un prodotto cinese) la crisi penalizza giro d’affari ed export.

 

«Occorrerebbe cercare favorire nei consumatori – ha affermato il direttore dell’Osservatorio Qualivita, Mauro Rosati – la percezione del plusvalore legato ai prodotti certificati». In questa ottica rafforzare il ruolo di consorzi potrebbe avere effetti positivi anche sul piano distributivo. «Abbiamo approvato – ha aggiunto Rosati – l’esperimento effettuato dalla catena McDonald’s che ha inserito formaggi come Parmigiano e Asiago nei propri menù. Un’iniziativa che ha garantito ai nostri prodotti una vetrina internazionale diffondendoli in Paesi nei quali erano poco conosciuti».

 

Per il futuro, infine, non va sottovalutata l’agropirateria telematica. «Sul web e nei social network – sostiene la Fondazione Qualivita – l’espressione Parmesan cheese è più ricorrente dell’originale Parmigiano reggiano. Si tratta di un fenomeno che va monitorato per evitare che in futuro sul mercato possano affermarsi prodotti che nulla hanno a che vedere con gli originali».