Il vino italiano paga in Russia dazi praticamente doppi rispetto a quello francese e spagnolo.

 

Sono ormai alcuni anni che il mercato russo, almeno nel settore vitivinicolo, viene descritto come una sorta di Eldorado. Capacità di spesa e grande passione per le nostre etichette ne farebbero un punto di riferimento essenziale per i produttori del Belpaese. Se a questo si aggiunge il rapporto privilegiato che esiste tra i leader delle due realtà (Berlusconi e Putin) allora il gioco dovrebbe essere fatto. E invece ecco emergere alcuni dati piuttosto inquietanti, primo tra tutti quello che rileva come i nostri vini, per entrare nel mercato russo, pagano una tassa minima pari a 2,12 euro per litro. Quasi il doppio rispetto a Francia e Spagna che si attestano a 1,22 euro per litro. Qualcuno se ne accorge e presenta un’interrogazione presso la Commissione Agricoltura. A firmarla è l’onorevole Luca Sani, Pd, membro appunto della Commissione Agricoltura. Il quale, a 100 cento giorni dall’interrogazione, è ancora in attesa di una risposta precisa.

“Dopo oltre tre mesi – racconta Sani – mi sembra di poter dire che l’iniziativa non ha avuto alcun effetto concreto e questo nonostante siano stati investiti della questione l’ambasciata italiana a Mosca, il Comitato Politiche Commerciali della Commissione Europea e tutte le altri parti che hanno un ruolo nella vicenda. Ovviamente prendono atto della situazione ma poi, alla fine dei giochi, nulla si è fatto per porre riparo a un vulnus che colpisce in modo grave i nostri produttori”.

Appurati che questi sono gli effetti, proviamo a indagare su quali possibili cause abbiano potuto dare origine a una situazione così poco favorevole ai vini italiani. Vale a dire come è potuto accadere che proprio noi, che a detta del Governo godiamo di un enorme credibilità anche politica nei confronti della Russia, ci troviamo a pagare un “biglietto d’ingresso” doppio rispetto agli altri.

“E’ molto semplice- spiega Sani – noi scontiamo, ormai in ogni settore, una latitanza cronica del nostro governo. Nell’agroalimentare, dove pure ci viene riconosciuta una leadership in termini qualitativi, abbiamo abdicato alla possibilità di essere competitivi e di sviluppare adeguate strategie di mercato e di comunicazione. E così mentre i nostri competitors lottano quotidianamente per aggiudicarsi importanti fette di mercato, noi perdiamo terreno giorno dopo giorno”.

Ma noi vogliamo essere ottimisti. Vuoi vedere che il nostro Primo Ministro si è recato in questi giorni in visita da Putin anche e soprattutto per risolvere questa brutta faccenda e riportare una vittoria fondamentale per tutto il comparto vitivinicolo nazionale?

In collaborazione con Stefano Carboni


La nuova PAC post 2013

Il giorno tanto atteso da tutti gli operatori europei del settore agricolo, e non solo, é arrivato. Il commissario europeo all’agricoltura e allo sviluppo rurale, Dacian Ciolos, ha presentato, due giorni fa, ai deputati della commissione agricoltura del Parlamento europeo la proposta varata dalla Commissione europea sulla riforma della PAC post 2013. Le nuove intenzioni illustrate dal Commissario sono racchiuse nel titolo del suo intervento “Un nuovo partenariato tra l’Europa e gli agricoltori”, basato sulla volontà di “creare un nuovo modello di sostegno, più mirato, legato alle superfici delle aziende agricole e prendendo il 2014 come anno di riferimento”. Ciò che è emerso con chiarezza è che la nuova PAC dovendo fare i conti con un’Unione europea allargata a 27 Stati membri rispetto alla precedente e dunque con la necessità di ridistribuire i fondi disponibili a un maggior numero di Paesi, porrà un tetto ai pagamenti diretti agli agricoltori, riducendoli progressivamente a partire da 150mila euro per impresa fino ad un massimo di 300mila euro..

Per quanto riguarda l’Italia é previsto un taglio dei contributi diretti agli agricoltori del 4,8% per il 2014-2020. Questi diminuiranno progressivamente fino ad arrivare a 3,8 miliardi nel 2019, cioè il 6% in meno rispetto a quelli del 2013 che ammonteranno a 4,1. Ed anche se per un calcolo più preciso di quanto riceverà in meno l’Italia dall’UE bisognerà aspettare la definizione dei “pacchetti nazionali globali”, tali diminuzioni restano preoccupanti per uno dei principali settori del nostro Paese. Nei prossimi mesi, e nel corso delle discussioni che seguiranno presso il Parlamento europeo ed il Consiglio UE, sarà importante che gli interessi dei nostri agricoltori vengano fatti ascoltare. Le occasioni non mancheranno.

 

 

Italia – A settembre calo dell’1,1% dei prezzi all’origine per i prodotti agricoli. A rilevarlo è l’Ismea, l’Istituto di Servizi per il mercato Agricolo, che precisa come le coltivazioni abbiano subito una flessione del 3,3% bilanciata però dall’incremento dell’1% del comparto zootecnico. In particolare si registrano dati positivi per il settore lattiero caseario grazie alla buon performance dei formaggi grana, in particolare il Grana Padano DOP, che fanno segnare buoni risultati nei mercati esteri.

 

Germania – Sequestro di forme di formaggio “made in USA” commercializzate impropriamente con il termine Parmesan e presentate alla fiera agroalimentare Anuga di Colonia. È questa la decisione presa dal Tribunale di Colonia dopo la denuncia da parte del Consorzio del Formaggio Parmigiano-Reggiano DOP secondo cui due imprese statunitensi commercializzavano in maniera ingannevole per i consumatori un formaggio dal nome Parmesan.

 

Italia – È stato presentato questa settimana dalla FAO il report The State of Food Insecurity in the World 2011 che vuole mettere al centro del dibattito internazionale i problemi della malnutrizione e della scarsità di risorse alimentari. La pubblicazione in particolare evidenzia gli effetti della volatilità dei prezzi agricoli sulla sicurezza alimentare e presenta politiche di intervento per ridurre i rischi di possibili crisi nei diversi Paesi del mondo.