In questi giorni il ministro Carlo Padoan ha segnalato che l’economia mondiale sta andando peggio di sei mesi fa, ma che, nonostante questo, si registra un aspetto molto positivo: la crescita della domanda interna, segno dell’aumento della fiducia. Un elemento che deve servire a farci ripensare la nostra economia con lo sguardo proteso verso mercati interni troppo spesso lasciati in mano al Made in China. La delocalizzazione delle imprese, con il conseguente abbandono del manifatturiero in gran parte delle nostre regioni, ha di fatto lasciato spazi di mercato a gruppi stranieri che non fanno della qualità il proprio cavallo di battaglia. Basti pensare al settore dell’abbigliamento con Zara e H&M che ormai invadono ogni piazza italiana. Il messaggio è chiaro, l’economia ripartirà quando le imprese italiane riusciranno a presidiare in maniera efficiente il mercato interno, che è per la stragrande maggioranza lo zoccolo duro del fatturato. Questo aspetto incide in maniera ancora maggiore in momenti come questo, in cui le tensioni fra i Paesi possono determinare in breve tempo la chiusura di spazi commerciali da milioni di euro. La crisi Ucraina, per citarne una, ha significato per l’Italia la chiusura del mercato russo, uno degli avamposti strategici del made in Italy, soprattutto per l’agroalimentare.

 

 Nuovi modelli di consumo

 Negli ultimi anni il settore agroalimentare italiano ha ricevuto una forte spinta dall’affermazione sempre più evidente di nuovi modelli di consumo. Questi puntano su prodotti in grado di garantire la qualità e la sicurezza alimentare, la tutela del territorio e della biodiversità, con particolare attenzione alle produzioni locali. Così la spesa di prodotti DOP e IGP nel 2014 ha raggiunto il 13,2 miliardi di euro con una crescita rispetto al 2010 del 14%, in netta controtendenza rispetto al calo generale dei consumi alimentari. Grande incremento ha avuto anche la diffusione dei mercati degli agricoltori, dove, secondo Coldiretti, nel 2014 hanno fatto la spesa 7 milioni di italiani.

 

Questi comportamenti di consumo, come molti altri, oltre a portare con sé i valori del Km0, esprimono attenzione verso il territorio e la salvaguardia dell’ambiente, ma anche sostegno all’economia e all’occupazione locale. Ed è in questa direzione che dovrebbe andare anche la GDO, che negli ultimi anni invece ha preferito di più la scelta dei prodotti a basso costo, in molti casi provenienti da materie prime straniere di qualità inferiore rispetto a quelle made in Italy. E’ certo che le politiche di prezzo  troppo orientate al ribasso non favoriscono la produzione primaria del nostro Paese, che ha un costo di base molto alto rispetto ad altre nazioni ed usa standard di controllo più elevati. Allo stesso tempo la frammentazione produttiva delle imprese italiane ha impedito che il nostro sistema agroalimentare di qualità diventasse un partner affidabile per la distribuzione, finendo per relegarlo ad un mercato di nicchia o per spingerlo a cercare fortuna nei mercati stranieri. Un circolo vizioso che ha finito per rendere tutti un po’ più poveri: i produttori, i distributori e, soprattutto, i consumatori.

 

La campagna per i prodotti di qualita’

Per fermare questo processo, oltre all’impegno sulle politiche di prodotto di cui abbiamo parlato, è necessario agire sull’informazione al consumatore, che troppo spesso, in questo mercato globale, deve gestire informazioni complesse, se non complicate ad arte. Come ha affermato la rilevazione di Eurobametro del 2012, infatti, esiste un forte gap di conoscenza anche su quelle che possono essere considerate le eccellenze italiane: i prodotti a Indicazione Geografica. Solamente un italiano su tre conosceva il significato dei marchi DOP e IGP. È in questo contesto che il Ministero delle politiche agricole ha messo in atto una strategia per favorire lo sviluppo del mercato interno dei prodotti di qualità che può essere presa ad esempio anche da altri settori. Una strategia che ha cercato di unire sullo stesso tavolo l’intera filiera di produzione da una parte e la grande distribuzione dall’altra, in modo da creare sinergie di vendita più efficaci soprattutto nello spiegare al consumatore quale sia il vero valore di concetti come origine, tracciabilità e controllo, vere pietre miliari dei prodotti a qualità certificata.

 

Il primo importante passo, finalizzato agli Stati Generali delle IG italiane ad EXPO, è stata l’istituzione di un tavolo operativo permanente, voluto fortemente dal Ministro Maurizio Martina, con la partecipazione delle Associazioni dei Consorzi di tutela riconosciuti – Aicig, Federdoc, Afidop, Isit, Federdop – e dei rappresentanti della GDO – Federdistribuzione, COOP, CONAD – , per porre in essere attività sinergiche tra diversi attori interessati a valorizzare più efficacemente le produzioni DOP IGP.

 

La prima iniziativa proposta ed elaborata dal Mipaaf è stata una campagna promozionale finalizzata ad informare correttamente il consumatore italiano sulle caratteristiche peculiari dei prodotti DOP e IGP attraverso spot televisivi e radiofonici sulle reti RAI, inserzioni sulla stampa e coinvolgimento di oltre 3000 punti vendita che a breve lanceranno una serie di attività con l’obiettivo di favorire maggiore spazio e visibilità ai prodotti di qualità certificata. Un primo passo nella direzione giusta, un esempio di come si costruisce una sinergia tra Istituzioni e imprese per rilanciare l’economia e allo stesso tempo tutelare i cittadini.

 

Adesso serve che ogni soggetto della catena porti valore aggiunto costruendo pratiche efficaci e solidali. Con l’ormai sempre più evidenti mutamenti delle vendite  con l’avvento dei grandi player del commercio online, anche nel settore  alimentare, per la GDO tradizionale è arrivato il momento di scegliere come riposizionarsi. Una logica che la veda più vicino alle filiere agroalimentari del territorio, come in fondo lo sono i mercati rionali che tanto successo stanno avendo negli ultimi anni, potrebbe essere quella vincente. Ma soprattutto ritornare ad essere anche un luogo dove si fa informazione e formazione al consumatore anche attraverso un servizio al pubblico di alto valore. Insomma, l’alleanza fra l’agricoltura di qualità italiana e la GDO potrebbe convenire proprio a tutti, consumatori compresi. Ed anche all’economia italiana.