Fine anno, tempo di consuntivi. Il rapporto Censis 2009, secondo il quale l’Italia sarebbe uscita dalla crisi riproponendo il tradizionale modello adattativo-reattivo basato sulla non esasperazione del primato della finanza sull’economia reale, sembra sorvolare sul settore agricoltura, come se nell’arco di quest’anno non fosse stato rilevante per la situazione socio-economica del Paese. Solo qualche riferimento relativo all’aumento del fenomeno delle contraffazioni e sofisticazioni alimentari. E’un dato di fatto che il settore agricolo si stia riappropriando di uno spazio centrale nella vita degli italiani e il comparto ha dimostrato una capacità di reggere alla crisi ben superiore a quella di altri settori. Come è testimoniato dall’Osservatorio Socio Economico Qualivita, i fatturati delle nostre produzioni agroalimentari reggono alla crisi. Credo perciò sia riduttivo liquidare l’apporto economico e soprattutto un rinnovato interesse del paese nei confronti dell’agricoltura, soltanto attraverso qualche accenno all’agropirateria o alla green economy. A fare da contrappeso a una non adeguata considerazione da parte del Censis, arriva la Finanziaria 2010-2012 che prevede di destinare all’agricoltura e all’agroalimentare più di 1 miliardo di euro. Segno non solo del riconoscimento della rilevanza e della necessità di sostegno, ma anche forse del volere intercettare le esigenze e le richieste dei coltivatori che ultimamente hanno calpestato più piazze che terre. Come dice la sociologa Monica Fabris: «forse se l’Italia ha tenuto alla crisi non é grazie alla replica del solito modello, ma a un nuovo slancio verso il futuro della parte più avanzata della società che ancora non trova rappresentanza in forme istituzionali e in un immaginario collettivo condiviso».

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