Giuseppe Zuliani, direttore di Conad: «Crisi, cambiano i consumi. Oggi utenti più consapevoli»

Una vera rivoluzione è in atto nel carrello della spesa alimentare degli italiani. Non solo perché gli ultimi dati Istat, compresi quelli di maggio confermano un sostanziale rallentamento nelle spesa alimentare, ma anche perché le modalità di acquisto stanno rapidamente variando di settimana in settimana.
Anche le novità sul fronte legislativo, come l’articolo 62 del decreto Salva Italia, che prevede un rapporto contrattuale certo fra il mondo agricolo e la distribuzione, stanno iniziando a condizionare il futuro della nostra spesa. Per capire meglio l’evoluzione nei prossimi mesi del settore della grande distribuzione italiana, che deve anche fare i conti con un momento congiunturale sfavorevole, abbiamo parlato con Giuseppe Zuliani, direttore marketing e Private Label di Conad.

Dai dati di mercato rilevati da Conad, come si comporta in questo periodo il consumatore?
«Lo posso definire facilmente con tre aggettivi: poligamo, razionale e girovago, spinto dalla continua ricerca di offerte e convenienza. Però devo anche dire che è un consumatore più consapevole della qualità offerta dal mercato».

Quali sono i settori merceologici di maggior sofferenza?
«Certi consumi di nicchia vanno molto bene, reggono i salumi e i formaggi, in sofferenza sono la carne e l’ortofrutta, mentre va meglio la gastronomia e il confezionato».

Quali sono le strategie per questo nuovo tipo di consumatore?

«Bisogna essere capaci di risposte razionali che tengano conto del rapporto qualità/prezzo. Puntiamo molto sui private label , i prodotti che portano il nome della catena distributiva o del supermercato che li pone in vendita. Nel 2012 continueremo a lavorare sulle singole marche commerciali con piani di marketing dedicati e proseguiremo con le attività promozionali che non possono mancare soprattutto nei periodi di crisi, una scelta, quest ultima, molto più razionale che emozionale». Funzionano ancora gli ipermercati? «No, oggi stiamo tornando verso realtà più piccole, di 7-800 metri quadrati di superficie, con non più di 7000 referenze, ma con prodotti freschi».

I l rapporto fra agricoltura e distribuzione è cambiato anche alla luce dei recente decreto Salva Italia?
«Era necessario imporre il pagamento entro certi termini, che noi abbiamo definito eticamente corretti. Del resto è così in tutta Europa; ci preoccupa la deriva lobbistica successiva al decreto. Era necessario sanare il rapporto con l’agricoltura, ma il decreto non parla solo di prodotti agricoli ma di food in generale. Con l’applicazione dell articolo 62, a fine anno, molte catene di distribuzione non ce la faranno. Non parlo di Conad, ma secondo le nostre stime, circa il 35% della distribuzione ha seri problemi di liquidità. Occorreranno 4 o 5 miliardi di euro per far fronte a queste esigenze nel breve e, con la mancanza di credito che caratterizza questo periodo, il nostro settore potrebbe diventare uno spazio con molte prede e pochi cacciatori».

Quali saranno allora le prospettive nei prossimi anni?
«Cambieranno i nomi nella distribuzione a causa dei livelli troppo alti di indebitamento. I modelli stranieri, fino ad oggi, non sono riusciti ad inserirsi bene in Italia. Ne è un esempio il modello francese rappresentato da Carrefour e Auchan. Non è riuscito ad affermarsi, così come la catena europea di discount di origine tedesca Lidl, mentre va bene Eurospin, un dliscount alimentare italiano che opera sul territorio nazionale con punti vendita di proprietà e in franchising. Penso invece che ci potremo aspettare buone performances dagli spagnoli, con i supermercati Mercadona, che arriveranno nei prossimi mesi anche nel nostro Paese. La difficoltà del mercato italiano sta nel fatto che è molto complicato e variegato, specialmente fra le regioni. Di conseguenza, ci troviamo di fronte a delle differenze abissali che rendono di difficile applicazione il modello standardizzato dei grandi gruppi internazionali».