Sviluppo tecnologico e piacevoli consuetudini: l’enogastronomico rimane il settore nevralgico

In questi giorni sia la ricerca Censis-Coldiretti che il rapporto Istat ci consegnano una fotografia della nuova Italia, in cui gli equilibri sociali, economici e culturali sono sempre più legati al ruolo svolto dai territori periferici, dalla campagna, per capirsi meglio. Si potrebbe definirla la rivincita dell’agricoltura – risorsa spesso sottovalutata – e di chi svolge attività a essa connesse: agricoltori, allevatori e imprenditori stanno coinvolgendo sempre più le giovani generazioni così vicine ai nuovi sistemi tecnologici.

Godono di rinnovato successo anche le sagre e le fiere, ossia eventi che uniscono la degustazione dei prodotti di un determinato territorio alla promozione di quest’ultimo. In Italia sono circa 150 le manifestazioni dedicate alle eccellenze del settore agroalimentare. Secondo una ricerca Censis-Coldiretti, alle manifestazioni legate al cibo in generale, partecipano in media 23, 6 milioni di italiani, di cui 5,3 milioni in modo assiduo. Oltre alle sagre si assiste anche a una riscoperta delle grigliate all’aperto (che interessano circa 27, 5 milioni di persone) mentre gode sempre di ottima salute il «rito» dell’aperitivo, di cui si contano quasi 16,5 milioni di «seguaci». Sono 12,2 i milioni di italiani che fanno turismo enogastronomico.

Il cibo come momento di socialità. E questo in sé non è una novità, dato che da sempre il «mangiare insieme» è alla base della creazione di relazioni, e non solo. Spesso le più importanti, e forse le migliori, decisioni vengono prese a tavola. Ciò che invece può essere evidenziato è che all’interno di questi momenti trovano sempre più spazio i prodotti tipici dei diversi territori italiani che ritornano a impadronirsi della loro originaria prerogativa, cioè quella di aggregare valore economico, sociale e culturale. Va da sé che ciò vuol dire ridare centralità all’agricoltura che, tutt’altro che un’attività desueta, è primaria non solo per il nostro Pil, ma anche per il «modello sociale italiano», di cui rappresenta l’elemento fondante. L’identità di un popolo sta da sempre anche nel suo modo di coltivare la terra, di produrre cibo di qualità, di cucinarlo e consumarlo e l’Italia lo sa bene.

Oggi il successo di trasmissioni tv, di chef che diventano personaggi mediatici e autori di libri di gastronomia, non esisterebbero senza la manualità e la professionalità degli agricoltori e degli artigiani. Tutto ha origine dalla terra, dai suoi frutti e da quegli uomini che ne hanno saputo ottenere il meglio tramandandosi conoscenze ed esperienze; oggi nasce una nuova funzione sociale del cibo, perno di nuove relazioni sia materiali, nei territori, che virtuali, nelle piattaforme telematiche e mediatiche. Cibo e web sono il nuovo binomio per fare comunità.

Anche la ricerca dell’Istat che fa luce sul comparto dei prodotti di eccellenza racconta come sono ancora evidenti le differenze geografiche nel settore: al nord viene assegnato il ruolo storico di leader nelle denominazioni di qualità, ma conferma anche il progressivo rafforzamento di questi ultimi nel Mezzogiorno. «Segnali di crescita incoraggianti afferma il ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Mario Catania che testimoniano come il tessuto agroalimentare possa davvero rivestire un ruolo centrale nel rilancio di alcune zone storicamente svantaggiate. Il mantenimento dell’Italia al primo posto in Europa per numero di riconoscimenti, Dop, Igp, Stg offre l’occasione per riflettere sulle opportunità che il settore primario può offrire all’intero sistema produttivo italiano». Sono 84.148 gli operatori certificati che tengono alto il Made inItaly, la loro attività segna uno dei punti di forza proprio dei territori periferici attraverso un’agricoltura qualificata e controllata. Il ruolo dei consorzi rappresenta anche una spinta propulsiva per l’organizzazione di eventi e di attività culturali che come ci ha ben raccontato la ricerca del Censis, sono un pilastro della nuova socialità italiana.

Così con la crisi, l’agricoltura ritorna prepotentemente settore «primario». Un motivo in più per meritare attenzione.