La sfida fra la dimensione alimentare globale e quella locale è il futuro dell’agricoltura nella Ue


quando si parla di agricoltura, a livello europeo,il dibattito è sempre molto rovente. L’ultimo – in ordine cronologico, non certo in ordine di importanza – è stato quello sul confronto tra dimensione locale e dimensione globale. Un confronto che, per certi aspetti, prende le sembianze di uno scontro. Da un lato si registra il crescente bisogno di cibo di un pianeta sempre più abitato e con più esigenze nutritive, dall’altro vanno assicurate la conservazione e la tutela dell’ambiente mediante un ulteriore rafforzamento della dimensione locale della politica agricola. A queste si aggiungono anche l’impatto della finanza mondiale e le conseguenti speculazioni finanziarie che hanno sempre visto il food come un bene-rifugio. L’Europa, su questo tema, è sempre stata poco incisiva: ha promosso i sistemi di qualità senza molta convinzione e con poche risorse; ha cercato di mantenere un’agricoltura intensiva ma con pochi successi, facendosi superare da molti altri Paesi in tema di produzione di materie prime alimentari. Alla vigilia della nuova Pac (politica agricola comune) si è tenuta a Bruxelles la Conferenza organizzata su iniziativa di Dacian Ciolos (commissario europeo per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale) e John Dalli (commissario sulla Salute e le politiche a tutela dei consumatori), proprio sul tema del rafforzamento della dimensione locale della politica agricola comune. La Conferenza s’inserisce all’interno delle discussioni per la nuova Politica Agricola europea dopo il 2013, che finora non sembra aver rivolto sufficiente attenzione alle pratiche di vendita diretta e alla filiera corta in generale. Ma parlare di sviluppo economico delle piccole aziende agricole, come si legge in alcune proposte sulla nuova PAC, senza tener conto dell’importanza del mercato locale, è a dir poco fuorviante, considerando che il 15% delle aziende agricole dell’Ue smercia a livello locale più della metà della propria produzione. Da alcuni studi è emerso che in Regno Unito, dove il primo mercato di prodotti agricoli è stato creato nel 1997, ve ne sono oggi più di 7. 500 all’anno. La Grecia detiene probabilmente il record in fatto di filiere corte, mentre in Italia, nel 2008, più di un cittadino su due si è servito da una filiera corta, e lo stesso si può dire di altri Paesi europei, come la Slovacchia o la Romania. «Quando si parla di filiere corte ha affermato il commissario Ciolos – il potenziale è ovviamente enorme, ma tante sono anche le contraddizioni e i pregiudizi. Secondo alcuni studi la domanda di prodotti locali è forte, ma non è sufficientemente strutturata, né sufficientemente identificata, né sufficientemente accessibile». È evidente che il futuro agroalimentare dell’Europa si gioca su questo equilibro: sapermantenere un modello agricolo ancorato al territorio e alla qualitàà e una maggiore efficienza produttiva, superando le ambiguità politiche su tematiche come Ogni, mercatini locali e altre questioni.

 

Contro la crisi ecco l’orto-mania. A New York arriva il terrazzo verde

È scoppiata l’orto-mania, in Italia e nel mondo. Complice la crisi economica ecco tornare quelli che, nei primi decenni del secolo scorso, venivano chiamati «orticelli di guerra». Gli ultimi dati sul consumo in forte calo di ortaggi e frutta per il caro prezzi confermano questo trend. Oggi però si coltiva in città, non solo nelle periferie e in campagna: un italiano su quattro (moltissimi i giovani) ha il pollice verde, coltiva il proprio orto e ama curare erbe aromatiche. Un fenomeno che viene da lontano e che in America, proprio dove è nato, sta evolvendo in nuovi e più complessi progetti come quello presentato recentemente a New York che prevede uno spazio immenso di ecologia (ecosostenibile e rispettoso per l’ambiente) all’interno della Grande Mela. Prendendo spunto dalla pratica sempre più diffusa degli orti urbani, presto nascerà infatti a New York il più grande tetto verde interamente dedicato all’agricoltura in città, una maxi serra alimentata dall’acqua piovana di circa 100.000 metri quadrati. Un gigantesco terrazzo dove saranno coltivati ortaggi, frutta e cibi ecologici, allo scopo di arrivare alla produzione annuale di almeno un milione di chili da distribuire nei mercati della metropoli americana. Progettato da Salmar Properties e dalla società Brightfarms, sempre molto attenta a soluzioni abitative conformi al rispetto e alla tutela ambientale e alla biodiversità, sorgerà sulla Liberty View Industrial Plaza e sarà la più grande rooftop farm del mondo.

 

Patrimonio forestale in grande aumento

ITALIA – Dopo 20 anni dalla conferenza sull’ambiente di Rio De Janeiro, il patrimonio forestale italiano è aumentato di circa 1,7 milioni di ettari, con 12 miliardi di alberi che ricoprono un terzo dell’intero territorio. I boschi rivestono un ruolo centrale come assorbitori e contenitori di anidride carbonica, che è il principale gas a effetto serra, e sono fondamentali nella mitigazione e nell’adattamentoai cambiamenti climatici in corso. Attualmente l’Italia è vicina al raggiungimento dell’obiettivo fissato dagli accordi internazionali di Kyoto.

 

Calore di scarto per produrre peperoni

GIAPPONE – LaToyotapuntasu un risparmio energetico tutto suo. La casa automobilistica giapponese ha infatti annunciato che a partire da gennaio utilizzerà il calore di scarto generato dai processi industriali dell’impianto secondario della Centrai Motor Co. a Ohira, nella Prefettura di Miyagi, per produrre peperoni. Questi ultimi verranno venduti tramite la Toyota Tsusho. Il gruppo Toyota aspira alla creazione di un nuovo modello di commercio in questa zona colpita dal terremoto dell’anno scorso, per supportare la ricostruzione.

 

I kiwi italiani sbarcano in Corea del Sud

COREA DEL SUD – Si aprono le frontiere della Corea del Sud ai kiwi italiani. Un importante passo per il nostro export agroalimentare in un Paese dove la produzione di kiwi copresolo il 30®% dei fabbisogno nazionaie. Le autorità fítosanitarie coreane hanno autorizzato l’ingresso di kiwi provenienti dall’italia nel mercato nazionale, dopo un processo avviato nel 2005. «Questo – commenta il ministro Mario Catania – è il risultato di un’azione coordinata ed efficace condotta dal Mipaaf insieme al ministero degli Esteri e alle nostre rappresentanze diplomatiche».