Molti Paesi all’interno della Comunità Europea stanno affrontando il tema di come la Politica Agricola Comune 2014-2020 stia realmente supportando il mondo dell’agricoltura. Di fronte all’attuale andamento dei mercati, sempre più instabili, e all’emergere di nuove sfide, sono infatti molti i dubbi sulla reale efficacia delle misure entrate in vigore solamente un anno fa. In un momento in cui i primi dati stanno confluendo verso gli organismi dell’Unione Europea e ad un solo anno da quella che potrebbe essere la riforma di medio termine (2017) per correggere i difetti emersi, sono già diversi i punti caldi evidenziati dagli stakeholder del settore. Uno dei temi è sicuramente quello degli aiuti diretti su cui il nuovo corso porta con sé decisi cambiamenti, in un quadro costruito intorno al concetto di “disaccoppiamento” dei sostegni che definisce forme di pagamento quanto più possibile indipendenti dal livello delle produzioni.

 

“Non ha più ragion d’essere il garantire un pagamento diretto generalizzato e per tutte le produzioni indipendentemente dall’andamento di mercato – ha affermato il presidente di Confagricoltura Mario Guidi – si rischia di sovracompensare gli agricoltori nelle fasi positive degli scambi e di non compensarli adeguatamente nei momenti di crisi. E’ questo il problema centrale del ‘disaccoppiamento’, che dobbiamo davvero avere il coraggio di cambiare”.​

 

Uno degli snodi cruciali di una riforma complessiva riguarda il cosiddetto processo di inverdimento, il greening, una novità di impatto notevole per le imprese agricole italiane. Pensata come stimolo allo sviluppo sostenibile, la sua attivazione obbligatoria per percepire i premi di base ha reso necessario mettere in atto adempimenti che larga parte degli operatori di settore ha criticato sotto vari aspetti. Per il momento sembra aver portato, infatti, solamente burocrazia, complessità agli stati membri, difficoltà agli agricoltori e nessun effetto misurabile sull’ambiente.

 

In secondo luogo, le evidenze emerse anche negli ultimi mesi mostrano le difficoltà della PAC di rispondere adeguatamente alle importanti crisi di mercato. La complicata situazione dei settori del latte e dell’ortofrutta, oltre a quella che nei prossimi mesi probabilmente riguarderà i cereali, hanno mostrato che gli strumenti di gestione del rischio non sono sufficienti a rispondere o prevenire specifiche problematiche dei comparti agricoli. Pertanto è di cruciale importanza, nell’accordo sulla riforma della PAC in merito all’OCM unica, la possibilità di adottare un uso organizzato a livello europeo delle risorse in un quadro di maggiore flessibilità e tempestività a sostegno dei settori che attraversano particolari crisi di mercato.

 

A quasi venticinque anni dalla grande riforma della PAC (Riforma McSharry, 1992) serve un’azione veramente comune che sia in grado di aiutare il settore in maniera incisiva, a partire dall’auspicabile revisione di medio termine del prossimo anno, ma con lo sguardo alla scadenza del 2020. La riforma del 2017 deve assumere il carattere di riforma complessiva con un testo legislativo articolato che tocchi almeno i due snodi cruciali emersi dal settore. “Se avessimo la possibilità di fare una revisione di medio termine della PAC – ha sintetizzato il coordinatore S&D per la Commissione agricoltura dell’Europarlamento Paolo De Castro – si dovrebbe guardare, da un lato, a modelli diversi di gestione del rischio per reagire in modo rapido e efficace alle crisi perché gli strumenti che abbiamo oggi non bastano e, dall’altro, a come migliorare il trade-off tra effetti ambientali, complessità amministrativa e condizionamenti aziendali causati dal pagamento verde”.

 

La PAC, per essere ancora credibile e dare un vero ruolo anche all’Europea, deve tornare ad avere lo sguardo sul futuro assumendo un ruolo vero nella crescita sostenibile. Per fare questo è necessario mettere insieme sin da subito un gruppo di lavoro di alto profilo professionale che riesca a studiare ed  interpretare al meglio le evoluzioni del settore attraverso analisi e dati capaci di dare adeguati input alla politica europea. Forse è necessario anche stravolgere il concetto stesso di PAC  perché quello che oggi possiamo vedere con certezza sono gli enormi limiti che ha mostrato questo strumento a fronte di pochissime ricadute positive. L’Italia deve mettersi subito in campo per dare un serio contributo ad un cambiamento radicale dell’Europa, anche per quello che riguarda il tema agricolo.

 

Mauro Rosati
Direttore Generale Fondazione Qualivita