Da biglietto da visita dell’alimentare made in Italy all’estero a vero e proprio fattore di sviluppo del settore. E la trasformazione dei prodotti Dop e Igp italiani negli ultimi dieci anni. Un paniere di marchi nato come espressione di una nicchia di qualità e che nel tempo ha saputo conquistarsi spazio, tanto in Italia che all’ estero, fino a diventare un elemento cardine per l’intero settore agroalimentare made in Italy.

E quanto emerge dai dati del consueto Rapporto (giunto alla 15ma edizione) realizzato da Ismea (l’Istituto di servizi per il mercato agroalimentare vigilato dal ministero delle Politiche agricole) e dalla Fondazione Qualivita e che sarà presentato questa mattina a Roma I prodotti Dop e Igp italiani con gli ultimi 4 riconoscimenti ottenuti nel 2017 (l’olio extravergine Igp delle Marche, i Vitelloni piemontesi della Coscia Igp, il formaggio piemontese Ossolano Dop e la Lenticchia di Altamura Igp condivisa da Puglia e Basilicata) sono giunti a quota 295, numero col quale l’Italia mantiene saldamente la leadership in Europa «Considerando anche i vini – ha spiegato il direttore generale di Ismea, Raffaele Borriello – l’universo dei prodotti alimentari italiani di qualità certificata arriva a 818 riconoscimenti (erano 584 ne12007). Un paniere col quale l’Italia guida la classifica dei paesi europei per il maggior numero di registrazioni Dop e Igp».

L’elemento più significativo che emerge dal confronto decennale messo a punto da Ismea e Qualivita è la forte crescita dell’export Dop e Igp: 40% in dieci anni. Quasi il doppio del tasso di crescita registrato dal totale delle esportazioni agroalimentari italiane. «Oggi l’export rappresenta il 22% del fatturato estero totale del settore agroalimentare – aggiunge Borriello – con un valore che supera gli 8 miliardi ». I dati del confronto decennale mettono in evidenza anche altri due aspetti: la crescita del sistema dei consorzi e il legame sempre più stretto con l’industria alimentare. «I consorzi tra i produttori Dop e Igp aggiunge il direttore di Qualivita, Mauro Rosati – sono passati da 165 a 264 ( 60%). Segno della crescente organizzazione all’interno delle diverse filiere che spesso è inoltre condizione necessaria per accedere ai finanziamenti Ue per la promozione».

E veniamo al rapporto con l’industria alimentare. «Quando furono varati i regolamenti 2081 e 2082 del 1992 istitutivi delle Dop e Igp – aggiunge Rosati– l’industria alimentare italiana quasi li osteggiava perché considerava questi prodotti come alternativi ai propri. Adesso non è più così. Molte industrie alimentari scommettono sempre più su Dop e Igp come ingredienti dei propri prodotti trasformati come dimostrato dalle no autorizzazioni rilasciate nel 2017 dal Gorgonzola Dop, dalle 365 della Nocciola del Piemonte Igp, alle oltre 1.100 dell’Aceto balsamico di Modena lgp».

«Il sistema delle indicazioni geografiche – ha detto il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina – è un pilastro del modello agroalimentare. Dobbiamo lavorare per rafforzarne l’internazionalizzazione tutelando di più i prodotti dalle contraffazioni».

Fonte: Il Sole 24 Ore

SCARICA L’ARTICOLO ORIGINALE