I marchi di qualità rischiano di morire se la Ue non varerà la «programmazione produttiva»

 

La sfida della globalizzazione è una grande opportunità per i prodotti di qualità, in particolare per le DOP (Denominazione origine protetta) e IGP (Indicazione geografica protetta) che possiedono un potenziale di mercato globale e non solo europeo. Ma la scelta della DOP e dell’IGP da parte delle aziende è sempre più collegata al bilancio economico. Dal lato dei costi ci sono rigidità, controlli, burocrazia. Mentre ci si chiede sempre più spesso quali siano i vantaggi e ci si rende conto di quanto sia forte l’esigenza di dare risposta a nuovi bisogni. Il primo è la tutela, ne occorre una sovranazionale per evitare che ogni denominazione debba operare da sola nel mare della concorrenza e delle leggi sui marchi. Il secondo è la gestione economica. Il valore delle DOP e IGP risiede nella capacità di aggregazione dei produttori, i quali però non possono gestire la produzione come ogni altra azienda di marca. Per questo a Bruxelles i nostri consorzi chiedono da tempo di inserire la «programmazione produttiva» nei regolamenti in approvazione.

La sfida è importante e dovrà essere vinta con lo sforzo di tutti. Anche perché, in caso di sconfitta, non è difficile ipotizzare che saranno numerose le denominazioni che s’interrogheranno sul proprio futuro. Il quesito sarà se continuare con le DOP e IGP oppure se sia meglio trasformare la filiera in un modello privatistico di gestione del marchio, che in molti casi costituisce di per sé un patrimonio disvariate centinaia di milioni di euro di valore. «Non è una provocazione, è una possibilità concreta, i consorzi stanno seriamente pensando di utilizzare il loro marchio uscendo dal sistema europeo per gestirlo in maniera privatistica», afferma Giuseppe Liberatore, presidente di AICIG, Associazione Italiana Consorzi Indicazione Geografica che riunisce i consorzi del comparto FOOD, 80.000 realtà produttive per un fatturato di circa 6 miliardi e tutto il meglio del Made in Italy. Una cosa è certa se l’Unione Europea fosse sorda alle richieste italiane, sostenute sia dal ministro Romano che dal presidente della Commissione agricoltura Paolo De Castro, si rischia di mandare in fumo un patrimonio italiano costruito in 20 anni a suon di investimenti pubblici e privati. Svuotato infatti il sistema delle DOP dai grandi consorzi, resterebbero le briciole. Così facendo rischiamo di diventare un Paese senza un vero governo delle eccellenze del territorio.

L’agricoltura italiana aspetta il Forum nazionale dell’11 e 12 – C’è attesa per l’esito del primo Forum nazionale dell’agroalimentare organizzato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali che si svolgerà a Cremona 1’11 e il 12 novembre. Il titolo è quasi uno slogan, "Un Paese, un’agricoltura" e sottolinea la necessità tutta italiana di mettere fine ai particolarismi e alla frammentazione che caratterizzano il settore e che non possono che danneggiarlo. Di fatto esistono tante agricolture in Italia, ma obiettivo del Forum sembra essere quello di cercare di costruire un linguaggio comune e unitario, attraverso un percorso da fare insieme per individuare un sistema agricoltura italiano. Nei prossimi anni la nostra agricoltura, e quella europea, affronteranno una delle fasi più delicate della storia recente, per effetto dell’azione concomitante di cambiamenti e innovazioni che, per molti aspetti, non hanno precedenti. Sono in gioco le nuove sfide perla sicurezza degli approvvigionamenti alimentari, la globalizzazione dei mercati e le opportunità di affermazione dei prodotti del Made in Italy di qualità sui mercati esteri, mentre continua a incombere Fonda lunga e minacciosa della crisi economico-finanziaria sia europea che internazionale. In questo panorama si inserisce anche il processo di riforma della Politica Agricola Comune che ridefinirà, nei prossimi mesi, gli obiettivi e le risorse destinate dall’Europa al settore agricolo dopo il 2013. Per questo sarebbe fondamentale e urgente recuperare una visione organica del quadro della politica agricola nazionale, per poter dotare il Paese di uno strumento efficace e coerente al nuovo scenario di riferimento. Il programma sembra interessante, staremo a vedere cosa ne esce.

«Programmazione produttiva». Ecco cos’è – Per «programmazione dei volumi produttivi» si intende lo «strumento d’intervento per regolamentare i volumi produttivi dei prodotti di qualità DOP e IGP al fine di ottenere un adeguato equilibrio tra domanda e offerta». La funzione dovrebbe essere quella di sostenere i redditi dei produttori nei momenti di maggiore crisi del mercato dando la facoltà ai Consorzi di Tutela di regolare le quantità di prodotto da immettere sul mercato. In questo modo si assicura inoltre ai consumatori un prezzo di mercato stabile.

Anche l’aglio cinese diventa dop – CINA ERE II 27 ottobre è stato iscritto nel registro europeo delle DOP e IGP il sesto prodotto cinese: il Jinxiang Da Suan IGP. Si tratta di un tipo di aglio bianco di forma appiattita, con 8-11 bulbilli nello strato esterno e un sapore che tende al piccante ma senza eccedere. L’aglio Jinxiang Da Suan IGP viene coltivato su una superficie di 40.000 ettari e la produzione annua è di 700mila tonnellate, circa un quarto della produzione totale di aglio in Cina. Con questo riconoscimento il paniere delle DOP e IGP sale a quota 1058 prodotti.

Finto «San Marzano». Conserve sequestrate – ITALIA Sono state sequestrate da parte dei NAC di Salerno, in collaborazione con l’Agenzia delle Dogane di Napoli, 34 tonnellate di conserve di pomodoro etichettate impropriamente come "San Marzano dell’Agro sarnese-nocerino DOP" destinate al mercato statunitense. L’attività di contrasto al fenomeno dell’agropirateria da parte del Comando Carabinieri Politiche Agricole e Alimentari ha portato, dal 2010 a settembre 2011, al sequestro di 15mila tonnellate di prodotti alimentari irregolari.