Il progetto è di quelli che fanno tremare i polsi. Ambizioso e un po’ megalomane. Ma a giudicare dall’ostinazione di chi lo persegue e dagli sponsor che lo sostengono, c’è da giurare che diverrà realtà. Stiamo parlando del completamento del programma Qualigeo, promosso dalla fondazione senese Qualivita: attuare il primo censimento mondiale dei prodotti alimentari di qualità. O, per dirla con le parole del segretario generale della fondazione, Mauro Rosati, «creare una enciclopedia dei prodotti a indicazione geografica, tutelati in ciascun paese, per poi arrivare nel corso di Expo 2015 a costituire un network internazionale tra gli operatori e gli enti di tutela. Una sorta di Onu delle organizzazioni e delle imprese che lavorano in difesa della qualità dell’agroalimentare». Rosati è un toscanaccio, un dandy capellone dall’accento senese. Sotto il blazer blu porta bianche scarpe da tennis, sotto la chioma fluente spunta l’orecchino. A un occhio cinico e disincantato potrebbe sembrare il classico Peter Pan sognatore, con l’aria distratta del santone indiano. In realtà è un visionario, che allo slancio del neofita associa la concretezza dei fatti. Un cocktail potentissimo, fatto di risultati, cultura del fare e leggerezza, che lo ha portato dritto dritto sul piccolo schermo. A parlare di Dop e Igt, nel corso della trasmissione di Rai Uno, Occhio alla spesa. La fondazione che Rosati dirige, dopo aver lanciato una sorta di navigatore satellitare, capace di condurre i turisti enogastronomici per mano, fin nelle aziende che sfornano prodotti tipici, ora sta per lanciare Qualigeo tv e mobile. Di recente, poi, Qualivita ha presentato a Bruxelles il primo atlante europeo dei prodotti Dop, Igt e Stg. Il tutto alla presenza di esponenti dei governi spagnolo e francese e di due commissari Ue all’agricoltura, Mariann Fischer Boel e il suo predecessore, Franz Fischler. Del resto, il più grande sostenitore di Qualivita è uomo di numeri, fiuto e concretezza: il presidente della Banca Monte dei paschi di Siena, Giuseppe Mussari. Non solo. La stessa fondazione ha nel suo presidente un mentore di autorevolezza assoluta: Paolo De Castro, due volte ministro dell’agricoltura e oggi presidente della commissione agricoltura del parlamento europeo. Insomma gli ingredienti ci sono tutti. Tanto è vero che in settimana è giunto anche il sostegno dell’amministratore delegato di Expo Milano 2015 spa, Lucio Stanca. Nella sede di palazzo Reale, a Milano, Stanca, De Castro e Mussari hanno lanciato il progetto del censimento Qualivita su larga scala, inglobandolo nelle iniziative di Expo 2015. L’operazione di ricerca, ufficializzata da un protocollo d’intesa firmato tra le parti, sarà gigantesca e durerà cinque anni, fino alla conclusione di Expo. Ad essa «non mancherà certamente il sostegno della fondazione Monte Paschi», ha spiegato il vicepresidente Vittorio Galgani, il quarto firmatario dell’intesa, assieme a Stanca, Mussari e De Castro. Tre i punti sostanziali:

– censire, catalogare e realizzare una banca dati delle più importanti IG del mondo;

– valorizzare le informazioni relative alle IG attraverso format editoriali, da diffondere su canali mediatici tradizionali o nuove tecnologie. In questo quadro è prevista Qualigeo Encyclopedia, che proporrà la schedatura completa da presentare a Expo 2015;

– creare un network internazionale finalizzato a generare relazioni stabili tra gli operatori dell’agroalimentare di qualità.

Mussari crede al progetto: «Nel quadro di Expo si tratta di un accordo importante. Dobbiamo dare valore alla qualità, con un’azione che non diventi elitaria. Non andiamo a cercare i prodotti per gourmet, andiamo a sostenere la diffusione di una democrazia alimentare della qualità che sfugga alle logiche di nicchia e agli ideologismi sterili». Rosati gli fa eco: «Mcltaly», rivela, «è nato grazie alla consultazione che i vertici McDonald’s hanno fatto dell’atlante Qualigeo». Ma è De Castro che affronta il nodo politico e traccia la prospettiva: «In Europa abbiamo regole severe per Dop e IGP, perché consideriamo le produzioni di qualità strategiche. A livello internazionale, invece, l’unica difesa riconosciuta è il copyright. Ma il legame tra prodotti e territorio d’origine non può essere difeso dal copyright. Infatti», chiosa, «il primo produttore di Parmesan è l’Australia, non l’Italia. È assurdo. Nonostante ciò, il dossier sulla difesa delle IG in Wto non passa. Ora, possiamo fare una sola cosa: convincere gli americani, che anche le pagate dell’Idaho o i vini della Napa Valley debbano essere tutelati. E così anche gli altri paesi». La via scelta, insomma, è arrivare a costituire una gigantesca lobby di produttori, internazionale e trasversale; una sorta di Unesco per la tutela dei prodotti tipici, che costringa il Wto a difendere commercialmente il legame tra prodotti e territorio d’origine, dando ad esso un valore. Che possa poi tradursi in opportunità di business