La gabella può rappresentare un problema anche per le filiere del made in Italy in Europa

 

Quando le casse sono vuote si cerca qualsiasi modo per riempirle. E all’interno di questa politica che può essere contestualizzata una della misure inserite nel decreto Sanità che dovrà passare al vaglio del Consiglio dei Ministri. Una tassa per combattere l’obesità e le altre malattie legate all’alimentazione, così è stata definita dal Ministro della Salute, Balduzzi, la decisione di aumentare il costo delle bibite analcoliche gassate con zuccheri aggiunti. Messa così, il fine ci sembra legittimo, mentre invece ci appare discutibile il mezzo. Tassare per educare, una formula che, soprattutto in questo ambito, presenta non poche contraddizioni con il rischio di risultare del tutto inefficace. A chi lo accusa di voler solo fare cassa, Balduzzi risponde dicendo che l’aumento è minimo soli 3 centesimi. Quei tre centesimi che, seppur rilevanti all’interno della spesa, sono pochi per disincentivarne l’acquisto, il che vuol dire che continueranno ad essere consumati, con il solo risultato di creare introiti per lo Stato e ulteriori rincari per i consumatori. Come può fungere allora da deterrente un simile provvedimento? Appare evidente dunque che lo scopo non è propriamente quello di educare i consumatori ad una dieta più sana; anche perché questo obiettivo sarebbe più facilmente raggiungibile attraverso altri strumenti, primo fra tutti quello dell’educazione alimentare, a partire dalle scuole. Usare le tasse come sanzione ad un atteggiamento trasgressivo non sempre si rivela una scelta opportuna, men che meno in questo caso, in cui il comportamento sbagliato, ossia il consumo di junk food, non corrisponde alla violazione di una norma, ma è frutto di mutamenti socio-culturali, ed è quindi in quest ambito che va trovata la soluzione. Se oggi circa il 30% dei bambini italiani è obeso o a rischio, se le nostre abitudini alimentari non sono più quelle di una volta, è da imputare prima di tutto ai cambiamenti avvenuti all’interno delle famiglie. Non solo pranzi consumati ad orari diversi, ma anche poca cura per ciò che il cibo rappresenta. Valori fondamentali che nessuna tassa può trasmettere, mentre pensare di finanziare programmi nazionali di educazione alimentare all’interno delle scuole, può sicuramente contribuire a colmare questo vulnus di conoscenze che è la causa primaria delle cattive abitudini alimentari. Perciò bisogna essere chiari, così come é stato concepito, questo provvedimento non é altro che un atto di beneficenza da parte di chi beve bibite gassate nei confronti dello Stato. Sarebbe già diverso se i soldi incassati con questa tassa venissero utilizzati per uniformare e istituzionalizzare quelle timide iniziative che alcuni istituti scolastici a titolo individuale hanno già intrapreso negli anni scorsi, anche sulla spinta di incentivi da parte dell’Unione europea. In secondo luogo, questo provvedimento presta il fianco a chi si è fatto sostenitore in sede europea, di provvedimenti legislativi aventi lo scopo di demonizzare cibi ad alto contenuto di sale o grassi con etichette simili a quelle già in uso per le sigarette o con una nuova tassazione. Le cosiddette etichette-semaforo, ad esempio, se non avessero incontrato l’opposizione di Italia, Francia, Spagna, avrebbero penalizzato pesantemente la filiera dei prodotti tipici, a cominciare dai prodotti a base di carne e dei formaggi, che rappresentano l’eccellenza di Paesi come il nostro. Va da sé che l’adozione di una misura che tassa le bevande gassate, ritenute dannose da molti, riaprirebbe il dibattito, abbastanza controverso, sull’opportunità della messa al bando di alcuni prodotti in base a caratteristiche ritenute dannose se si analizzano soltanto da determinati punti di vista. Credo che sia invece legittimo iniziare a parlare di una vera riforma alimentare che possa dare centralità al benessere, alla salute e all’educazione, introducendo alcuni elementi innovativi come la scarsità del cibo che sarà un elemento dominante nei prossimi anni. L’interesse sostanziale e legittimo per i cittadini non è quello di pagare qualche centesimo in più una bibita, ma quello di avere gli strumenti necessari per affrontare il tema di cosa e come mangiare.