Il Primo rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano rappresenta un lavoro prezioso, tanto più  in questo momento storico in cui in Italia si vanno delineando in maniera netta i tratti di un vero e proprio settore di primaria importanza da un punto di vista economico, con un giro d’affari crescente legato alle esperienze di viaggio nei nostri terroir. Ed è particolarmente significativo presentare questo lavoro all’avvio del 2018, proclamato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e dal Ministero dei beni culturali e del turismo “Anno del cibo italiano”.

Queste brevi riflessioni trovano un riscontro evidente soprattutto nell’ambito del sistema delle produzioni agroalimentari e vitivinicole di qualità certificata – le Denominazioni di Origine protetta (DOP) e le Indicazioni Geografiche Protette (IGP) – veri ambasciatori del made in Italy in tutto il mondo, in grado di rappresentare al meglio il valore che deriva dallo stretto legame tra cibo, paesaggio, identità e cultura dei territori. I prodotti di qualità DOP e IGP sono da un lato un asse portante del sistema agroalimentare italiano (14,8 miliardi di valore alla produzione, 8,4 miliardi all’export per un sistema che negli ultimi dieci anni ha registrato una crescita continua affermando il proprio peso economico nel Paese fino a rappresentare l’11% dell’industria alimentare e il 28% dell’export agroalimentare nazionale), dall’altro rappresentano un patrimonio culturale che si esplicita attraverso la riproduzione degli usi locali, costanti pur nell’innovazione, cioè della tradizione produttiva in grado di caratterizzare le attività economiche e i rispettivi territori.

Le iniziative realizzate nell’ambito delle denominazione di origine, mancano ancora di un modello di sviluppo compiuto in grado di sommare i diversi punti di forza dei distretti. Le Strade del Vino e dei Sapori hanno rappresentato, in questo senso, uno strumento di organizzazione e promozione del turismo enogastronomico con aspetti senz’altro positivi, ma che in molti casi non sembra essere riuscito ad affermarsi in maniera efficace e impattante sul territorio. Per sviluppare un’offerta che faccia davvero la differenza occorre costruire nuove relazioni tra i soggetti imprenditoriali e anche istituzionali di un’area. Deve essere stravolta la prospettiva con cui guardare a un nuovo modello di sviluppo territoriale, che parta dal concetto di distretto rurale di qualità, un sistema che contraddistingua e promuova l’identità di un territorio e della popolazione che lo abita interessando una serie di ambiti – turismo, agricoltura, artigianato, commercio, cultura, formazione – che richiedono una programmazione comune per lo sviluppo e la valorizzazione del sistema territoriale nella sua interezza.

Siamo certi che ancora ci sia una forte possibilità di crescita di questo comparto, crescita che potrà affermarsi anche grazie alla piena consapevolezza da parte dei consorzi di tutela e delle imprese aderenti sulla necessità di garantire la corrispondenza fra peculiarità del territorio e esperienza turistica, come avviene nella fase produttiva. Un garante quindi che possa coordinare e “tutelare” anche le attività turistiche che vengono vendute in nome di un territorio e dei prodotti agricoli e vitivinicoli che insistono su esso.