Se amassi i numeri, i classici indicatori economici, forse non avrei pensato a questo articolo; ma siccome credo molto più ai segnali che si possono percepire all’orizzonte, allora ritengo importante parlare del fenomeno della vendita diretta. Sono ancora “cifre dello zero virgola” a rappresentare questa nuova tendenza. Ma, complice anche la crisi economica, la volontà di trovare sotto casa prodotti della nostra migliore agricoltura ha acquistato nuovo vigore come dimostrano i consumatori sempre più indirizzati verso risparmio e qualità. Questo nuovo modo di fare la spesa non riguarda solo il nostro paese, ma anche altre nazioni e nonostante i nomi siano diversi, farmers’ market in America e Gran Bretagna, “filiera corta “o “vendita diretta “o “dal campo alla tavola” in Italia, marché paysan in Francia, essi indicano la stessa realtà. In termini di normative e opportunità l’Italia domina la scena: è stata la prima a mettere in piedi una legislazione che ha legittimato e regolamentato la filiera corta (D. M. 301 del 2007). In più è qui che troviamo le iniziative più riuscite ed organizzate. Tanti esempi sparsi qua e là sul territorio nazionale; ma come ci ha spiegato Carla Lazzarotto, dell’Arnia, la regione che ha effettivamente promosso una vera e propria progettualità in questa direzione è la Toscana. Oltre ad aver creato strumenti di coordinamento e promozione, essa ha previsto il finanziamento di progetti in tutte le province; ad oggi si contano 3.000 aziende agricole coinvolte nei vari progetti, su un totale di 78.000, circa 35 mercati periodici e 14 spacci fissi. Il divario in termini numerici tra il modello della “filiera corta”e quello della grande distribuzione è immenso; siamo consapevoli però che si tratta di un percorso appena iniziato e che le prime esperienze sono positive e dimostrano che un’alternativa per mangiare meglio oggi è possibile. Unica condizione è che le istituzioni accompagnino il processo di crescita e di regolamentazione. Ma la novità vera è che finalmente possiamo capire meglio tutti (grande distribuzione compresa) questo concetto: se le zucchine non sono tutte uguali forse è un pregio e non un difetto. Si diceva appunto: segnali… di cambiamento!

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