L’articolo uscito sulla Stampa di oggi (in allegato), che sintetizza alcune posizioni espresse dagli addetti ai lavori durante Il Salone del Gusto a proposito di marchi di qualità vorrei proporvi alcune considerazioni personali.

Che le produzioni che hanno un marchio di qualità siano troppe è una cosa che diciamo ormai da anni. Possono generare un po’ di confusione nel mercato alimentare. Si è fatto un uso distorto dei marchi DOP IGP in alcuni casi.  I motivi sono essenzialmente due : il primo perché lo strumento del marchio di qualità è l’unica strada, che la legislazione attuale, mette a disposizione dell’agricoltura e dell’artigianato per elevare i loro prodotti, sempre più stretti in una guerra competitiva con le grandi aziende. Il secondo è che molte registrazioni comunitarie sono state attivate dalla politica locale senza un reale convincimento della base produttiva e perciò restate carta bianca. In questo processo pubblico si è anche inserito un processo privato come quello di Slow FOOD con i presidi che ha aggiunto confusione a confusione.

Ritengo che marchi di qualità debbono essere pubblici e che bisogna distinguere nettamente la legislazione per proteggere dagli abusi  una denominazione geografica a livello internazionale e dalla legislazione che organizza una filiera agroalimentare che vuole produrre all’interno di un territorio un prodotto di qualità.