E’ Natale e, come ogni anno, la tv e i giornali ci propongono un carico infinito di pubblicità di ogni genere. Tra gli spot più gettonati ci sono senza dubbio quelli sui prodotti tipici italiani che si degustano o si regalano durante il periodo festivo. Per promuovere questi che sono diventati dei veri e propri must alimentari, si utilizza sempre più spesso il claim “Made in Italy”. Di fronte all’abuso, ed in certi casi anche uso improprio del termine, mi sono chiesto quale è il reale significato di Made in Italy nella nostra alimentazione.

Andando oltre quella linea di demarcazione che c’è fra la nostra bellissima sala da pranzo e il mondo alimentare è facile scoprire una realtà che poco è vicina a quella che ci viene reclamizzata. Basti pensare ad esempio alle cucine di tantissimi ristoranti, di tutti i livelli, dove troviamo una cospicua presenza di personale non italiano: egiziani, marocchini, indiani che fanno l’impasto della Pizza Napoletana (magari STG) e il battuto per il ragù alla bolognese a base di pomodoro raccolto e confezionato da manodopera straniera.

Oppure, e ad oggi non c’è da stupirsene, anche alcune delle materie prime con cui si preparano molti dei nostri cibi tradizionali provengono da paesi stranieri, come dimostrano i numeri dell’import, che superano di gran lunga quelli dell’export di questo settore.

Ed allora, mentre guardo queste pubblicità, mi viene in mente che prima o poi dovremmo ripensare ad un modo diverso di promuovere molti dei cosiddetti prodotti italiani. Perché alla fine non vorrei che qualcuno, leggendo bene le etichette, si accorgesse che la verità è un po’ diversa da ciò che appare.